Le ragioni di uno sciopero che ricompatta il fronte sindacale
Nel mirino le assunzioni, ma anche la valutazione
di Carlo Forte
Oggi i docenti e i non docenti della scuola statale incrociano le braccia per protestare contro il disegno di legge sulla scuola varato dal governo Renzi. Allo sciopero hanno aderito i 5 sindacati rappresentativi, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, che insieme rappresentano il oltre il 90% del personale della scuola, e una lunga serie di sigle minori e di associazioni. In queste ore si stanno tenendo 7 manifestazioni, contemporaneamente, ad Aosta, Bari, Cagliari, Catania, Palermo, Milano e Roma, al termine delle quali parleranno i vertici delle sigle sindacali. Allo sciopero hanno aderito anche i dirigenti scolastici di Cgil, Cisl, Uil e Snals (la Gilda non iscrive i dirigenti, per statuto). Le ragioni che inducono il mondo della scuola a protestare contro il governo sono di metodo e di merito. Sul metodo, i rappresentanti dei lavoratori contestano all'esecutivo di avere opposto un netto rifiuto alla unanime proposta di stralciare le disposizioni sulle immissioni in ruolo al fine di farle viaggiare velocemente, se del caso, anche con un decreto legge. Così da consentire ai docenti precari di incassare le assunzioni nel più breve tempo possibile. E poi ragionare sul resto, facendo affidamento su tempi distesi.
Nel merito, i lavoratori della scuola sono in dissenso con il governo Renzi praticamente su tutto. Sulle assunzioni la critica generale è l'insufficienza del numero. Delle 150mila assunzioni promesse sembrerebbe ne siano rimaste 100mila. Ma i più temono che il numero sia ancora più risicato. E a ciò si aggiunge il timore che il limite massimo di 36 mesi, fissato dal governo per la reiterazione dei contratti, possa precludere definitivamente il diritto dei precari di continuare a lavorare, qualora non dovessero risultare tra i destinatari delle immissioni in ruolo.
E poi c'è il problema degli albi e della chiamata diretta da parte dei presidi. Che condanna i docenti a vivere perennemente con l'ansia di dover piacere al dirigente scolastico nella speranza di non perdere l'incarico. Chiamata diretta che non piace nemmeno ai presidi. Che vedono crescere le proprie responsabilità, senza avere titolo ad interferire effettivamente nella scelta dei docenti, che avviene in sede di reclutamento. Ben prima dell'inclusione negli albi. Un altro nervo scoperto è quello della valutazione dei docenti che, secondo il governo, dovrebbe essere effettuata solo dal dirigente scolastico.
Valutazione dalla quale dipenderà, in primo luogo, la conferma dell'incarico ogni tre anni oppure no. E anche l'assegnazione degli incarichi che consentono di accedere allo straordinario e che, a fronte del blocco dei contratti, costituiscono, ormai, l'unico modo per guadagnare qualcosa in più. Va detto subito, però, che è altamente probabile che l'articolo 7 del disegno di legge, la norma che accentra tutti i poteri nelle mani del dirigente, subirà una modifica proposta dal pd: si prevede che il dirigente sarà affiancato da un comitato di valutazione composto dal dirigente stesso, e da un quartetto individuato all'interno del consiglio di istituto: 2 docenti e 2 genitori nelle scuole dei diversi ordini fini alla secondaria di I grado. Mentre, nelle secondarie di II grado, uno dei genitori sarà sostituito da un alunno. I sindacati contestano, inoltre, la destinazione di fondi alle scuole private e soprattutto, il mancato rinnovo del contratto di lavoro, che sta determinando il progressivo impoverimento di tutti i lavoratori del comparto.