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«Lo sciopero sarà un boomerang» Renzi e il dialogo diretto con i docenti

Il presidente del Consiglio avverte la minoranza pd: sarebbe da irresponsabili usare la protesta

17/05/2015
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Corriere della sera

ROMA Non è facile, per Matteo Renzi, gestire il contenzioso sulla scuola in piena campagna elettorale. Il premier è convinto, come ha confidato ai suoi più stretti collaboratori, che il blocco degli scrutini si rivelerà «un boomerang», perché le famiglie degli studenti «non simpatizzeranno con la protesta», che potrebbe rivelarsi «un danno» per loro e per gli studenti stessi.
Ciò nonostante, il presidente del Consiglio si è reso conto che sfidare i docenti a due settimane dal voto può comportare dei contraccolpi elettorali: «Abbiamo sbagliato la comunicazione della riforma, non è arrivato il messaggio giusto».
Adesso, quindi, bisogna «rimediare» a quegli errori. Per questa ragione il premier ieri ha deciso di «twittare» direttamente con gli insegnanti. Un dialogo senza intermediari, come piace a lui, bypassando i sindacati che, a suo avviso, sono entrati in agitazione proprio perché con la riforma rischiano di perdere il loro ruolo.
Ma dialogare e «ascoltare» i suggerimenti non significa «assecondare». Già, Renzi è «pronto» a confrontarsi «sino in fondo» su questo tema, ma con grande sicurezza spiega anche ai fedelissimi che «sulla riforma si va avanti e non si molla», pur promettendo di «migliorare alcuni punti di quel testo».
In questa fase, però, meglio non calcare la mano e gli accenti per evitare polemiche. E per scongiurare che il blocco degli scrutini si estenda: quello sì che sarebbe un fatto «grave».
La speranza di Renzi è che la minoranza non utilizzi queste polemiche, in campagna elettorale, ai fini dello «scontro interno»: «Sarebbe da irresponsabili». Il premier, che dice di provare «rispetto per le opinioni diverse» dalla sua, vorrebbe che vi fosse altrettanto «rispetto» per «le regole interne del partito».
L’occhio, come sempre, è rivolto alla Liguria, dove il «portavoce di Berlusconi» potrebbe «essere favorito» dall’atteggiamento dei dissidenti e dal caos suscitato dalla riforma della scuola (che potrebbe spingere una fetta dei docenti pd a non premiare il partito nelle urne). La Liguria è fondamentale, e infatti il premier dovrebbe chiudere la campagna elettorale a Genova.
Una vittoria di Toti equivarrebbe a una rivitalizzazione di Berlusconi. Il che complicherebbe il cammino del governo in Senato. Non solo: un risultato del genere spingerebbe la minoranza (che è già tutta proiettata su questo obiettivo) a reclamare un Congresso anticipato. Una sconfitta di Toti, invece, farebbe deflagrare gli azzurri, e, magari, li costringerebbe ad ammorbidirsi a Palazzo Madama.
E a proposito del Senato, dove i numeri sono ballerini, quando la riforma della scuola approderà lì, dopo le regionali, ai primi di giugno, l’atteggiamento di Renzi muterà inevitabilmente. Il premier spingerà il piede sull’acceleratore perché vuole ancora «mandare in porto» la legge entro la prima metà di giugno. Del resto, lo ha spiegato bene lui stesso: «Cambiare alcune parti della riforma si può, ma poi si deve decidere». Ossia, la si deve votare, perché la legge, al pari delle altre che Renzi è già riuscito a far approvare (Italicum e Jobs act), è tra quelle riforme che per il presidente del Consiglio rappresentano una «priorità». Ma proprio per questo, oltre alla Cgil, anche la minoranza pd, sul fronte della scuola, sta dando del filo da torcere al premier. Con il doppio scopo di metterlo in difficoltà alle elezioni regionali e di dimostrare che il Renzi decisionista può essere fermato .