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Manifesto: Ricercatori in sciopero contro il ddl Gelmini

Lezioni sospese, esami rinviati e ricevimenti annullati. È iniziata così la prova generale dell'astensione dalla didattica che bloccherà il prossimo anno accademico

18/05/2010
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il manifesto

Roberto Ciccarelli
Lezioni sospese, esami rinviati e ricevimenti annullati. È iniziata così la prova generale dell'astensione dalla didattica che bloccherà il prossimo anno accademico. Per una settimana i ricercatori dei politecnici e degli atenei italiani, anche se in maniera ancora poco omogenea, protesteranno contro le misure sul trattamento economico, il reclutamento e la riorganizzazione della governance previsti dal Disegno di legge Gelmini.
Saranno almeno venti le occupazioni "simboliche" dei rettorati previste stamattina dai ricercatori. Quattro in Lombardia (Bicocca e Statale a Milano, Bergamo e Como-Varese), 3 nel Lazio (Sapienza, Tor Vergata e Roma 3), 4 in Campania (le tre università napoletane e Salerno), poi Torino e Bari (Ateneo e Politecnico), Bologna e Modena-Reggio Emilia, Palermo e Messina, Padova e Venezia, il politecnico di Ancona. Domani alle 10,30 è stato organizzato un presidio al Senato, dove il ddl è ancora in discussione nella commissione cultura. All'iniziativa convocata dalle associazioni e dai sindacati della docenza parteciperanno alcune centinaia di persone. Una decina gli autobus previsti, tre dei quali arriveranno dalla Campania.
Nelle ultime tre settimane la mobilitazione dei ricercatori si è consolidata registrando in media il 60% delle adesioni, con punte del 90%. Caso unico nella storia dell'università italiana, oggi si può dire che un numero rilevante degli oltre 25 mila ricercatori - il 35% del corpo docente - aderirà ad una protesta iniziata nelle facoltà scientifiche per poi tracimare nei settori umanistici. Alla Federico II di Napoli l'astensione è già partita nella facoltà di Scienze, dove nel secondo semestre sono stati chiusi 40 corsi. Stesse percentuali si prevedono alla Sapienza di Roma, dove il 50% dei corsi sono coperti dai ricercatori che, stando alla legge del 1980 che ha istituito questa figura, non hanno l'obbligo di tenere corsi. Alla Statale di Milano salterà il 30% dei corsi.
I primi, reali, effetti dell'astensione annunciata per il prossimo autunno sono stati registrati dal Ministero dell'università che ha rinviato al primo giugno il termine di presentazione dell'offerta formativa necessario per raggiungere i requisiti minimi ed avviare i corsi di laurea. Impossibile stabilire chi insegna cosa se oggi non esiste la disponibilità - di solito ottenuta su base volontaria - a tenere corsi e seminari.
Alessandro Pezzella, ricercatore in Fisica a Napoli, sostiene che la situazione si farà ancora più complicata già a partire dai prossimi giorni, quando la discussione in Senato sul ddl affronterà il problema del reclutamento dei ricercatori. Il governo ha previsto l'istituzione del ricercatore a tempo determinato per tre anni rinnovabili per altri tre, un ruolo che andrà a sostituire quello esistente riservato a chi lavora a tempo indeterminato. Il ddl rischia di mettere in competizione questi ricercatori, di solito con una carriera ventennale alle spalle, con i "precari" per l'accesso al ruolo di associato. Uno scenario avvalorato dall'approvazione di un emendamento presentato l'altro ieri da Giuseppe Valditara (Pdl) in Commissione che sottopone entrambe queste figure alla chiamata diretta da parte degli atenei, previa abilitazione nazionale. Per Alessandro Ferretti, fisico a Torino, anche da quest'ultima misura non traspare l'intenzione di affrontare il vero problema delle risorse ferme allo 0,7% del Pil e del reclutamento di nuovi ricercatori: «Chiediamo di aprire un tavolo di confronto e di smetterla di andare avanti a testa bassa».