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Manifesto: Scuole? Meglio fondazioni E torna il sette in condotta

Oggi il governo torna al voto sul comportamento per decreto

28/08/2008
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il manifesto

Andrea Gangemi
ROMA
«La scuola è sempre pubblica, non solo quella statale», e chi pensa il contrario è «sciocco ed ideologico». Fiato alla retorica, l'ultimo affondo della ministra dell'Istruzione Maria Stella Gelmini per trasformare tutte le scuole in fondazioni, premessa a una loro sostanziale privatizzazione o «regionalizzazione», arriva dal Meeting di Cl di ieri a Rimini. Un toccasana economico («Le fondazioni spendono molto meno per alunno rispetto agli istituti pubblici») che permette ministro di schermarsi dietro le parole: «Non è una privatizzazione del sistema - precisa Gelmini - ma una esaltazione dell'autonomia che dia alla famiglia la possibilità di scegliere, per aprire al territorio e responsabilizzare di più tutte le scuole».
Dal palco di Rimini la ministra annuncia anche l'accelerata del governo sul 7 in condotta. Oggi infatti il consiglio dei ministri esaminerà il decreto legge che prevede la reintroduzione della valutazione del comportamento, abolita dieci anni fa dallo statuto degli studenti voluto dall'allora ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer. Lo statuto del 1998, che sostituiva un decreto regio del 1924, ha regolato inoltre la sospensione solo per casi veramente gravi, e il periodo di allontanamento non può adesso superare i 15 giorni, eliminando così la vecchia ipotesi dell'espulsione definitiva. Il decreto discusso domani in consiglio dei ministri si muoverà, invece, in un'ottica di pugno di ferro contro il «bullismo» e di ritorno al rispetto delle «autorità» scolastiche.
La condotta torna con l'insegnamento dell'educazione civica, ed erano entrambe misure contenute nel ddl sulla scuola che la Gelmini aveva presentato agli inizi di agosto. Ma il governo ha scelto ora la via del decreto «per rendere le norme da subito efficaci» già da questo anno scolastico. Il brutto voto sul comportamento potrebbe anche arrivare a 5 e compromettere così la promozione. «Con il sette - ha precisato alcuni giorni fa il ministro - si viene promossi, mentre l'insufficienza fa media e nei casi più gravi viene lasciato al consiglio dei docenti di prevedere la bocciatura».
Già l'ex ministro Letizia Moratti aveva evidenziato l'importanza del ripristino del sette in condotta, mentre il suo successore Giuseppe Fioroni aveva previsto sanzioni disciplinari ed economiche per contrastare gli episodi di violenza all'interno degli edifici scolastici.
Le parole d'ordine della nuova ministra sono le stesse di sempre: «Autonomia, valutazione e merito», la semplificazione delle regole e la razionalizzazione della spesa che ormai è tutta concentrata (al 97%) a pagare stipendi lesinando come non mai su edilizia scolastica, laboratori e borse di studio. Una rotta che, com'è noto, per il governo Berlusconi va invertita non investendo di più nella scuola, ma tagliando selvaggiamente cattedre e personale amministrativo. Un'azione già decisa che sarà presentata a parlamento e parti sociali a settembre, e su cui il ministro auspica «un confronto con tutti, anche se alla fine sarà il governo a decidere sotto la sua responsabilità». Tagli che richiederanno solo un'opposizione dura ma nessun negoziato.
Per il «ministro ombra» Maria Pia Garavaglia, che al meeting di Rimini era affiancato alla Gelmini, la scelta del governo Berlusconi «di affrontare i problemi della scuola a colpi di fiducia e di decreti mortifica il parlamento e priva l'opposizione della possibilità di discuterli e di emendarli». Un'obiezione più di metodo che di merito.
Tutto il contrario per Enrico Panini, segretario generale della Flc-Cgil, che si sgola a denunciare «un mix di provvedimenti che guardano alla scuola degli anni '50, alla privatizzazione della scuola pubblica e a una netta separazione della scuola per aree geografiche». Le dichiarazioni della ministra Gelmini, secondo Panini, sono «un pessimo fumo per nascondere un autentico disastro, determinato dal decreto Tremonti che - ricorda il sindacalista - prevede un taglio di 150.000 posti nella scuola pubblica da ottenersi, di fatto, aumentando gli alunni per classe e riducendo le ore di scuola» .
Oltre all'introduzione del 5 in condotta, dice Panini, il ministro «non ha perso l'occasione per affermare che bisogna ripristinare il maestro unico nella scuola elementare, che intende abolire il valore legale del titolo di studio, che bisogna trasformare la scuola pubblica in fondazioni di diritto privato. Una linea politica decisamente inaccettabile».
Decisamente più possibilista invece la Uil. Per Massimo di Menna, segretario generale della scuola, «la parola fondazione non è un tabù». «Favorire l'intervento di risorse fresche aggiuntive e investimenti privati per sostenere le scuole - dice - è un impianto condivisibile purché la governance rimanga pubblica».
Meno convinti gli studenti dell'Uds che già annunciano una mobilitazione e, se necessario anche il referendum.