Messaggero:Sull'assunzione di 9000 associati il ddl ha rischiato di affondare
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di ALESSANDRA MIGLIOZZI
ROMA - Tutta ”colpa” dei ricercatori: per salvare loro e placare la protesta che monta nelle università il ministro Gelmini ha rischiato di veder affondare la propria riforma. L’emendamento che apre all’assunzione di 9mila professori associati in 6 anni è stato lo scoglio contro cui ha rischiato di infrangersi il ddl voluto dalla responsabile di Viale Trastevere, in ballo da due anni: il collega di governo Giulio Tremonti non ha dato la sua ‘bollinatura’. Anzi, la relazione tecnica inviata dal Tesoro alla Camera non solo ha silurato la norma pro-ricercatori, ma ha messo il veto su quasi tutte le novità aggiunte a Montecitorio. L’Economia ha detto no all’ipotesi che i 110 e lode non debbano restituire i prestiti d’onore richiesti nell’ambito del fondo per il merito introdotto dalla riforma, ha bocciato gli sgravi fiscali per i privati che intendono rimpinguare questo fondo, ha espresso dubbi sull’istituzione di un Comitato dei garanti della ricerca. Ogni norma che prevedeva spese per lo Stato o minori entrate è stata bocciata, tanto che la commissione Bilancio non ha potuto esprimere il proprio parere in attesa di chiarimenti. Nella serata di ieri, un mini vertice di maggioranza ha riunito pidiellini, finiani e leghisti al tavolo con i ministri Gelmini e Tremonti. Il capo del Tesoro ha detto chiaro e tondo che secondo lui la riforma doveva restare «un testo di natura ordinamentale», che lui aveva detto che i soldi ci sarebbero stati, ma nel decreto di fine anno, il milleproroghe. La maggioranza ha fatto quadrato attorno alla Gelmini chiedendo garanzie sulle risorse che andranno trovate nelle prossime settimane anche perché il ministro dell’Università ha fatto capire al collega che a fronte del taglio di oltre 1 miliardo previsto per il 2011 è impossibile non stanziare soldi per l’università. Poi, in una nota, ha ribadito che il suo ministero ha prodotto una riforma, «moderna e innovativa. Ora tocca all’Economia valutarne la copertura». Le fibrillazioni della politica adesso rischiano di mandare in tilt l’università. Non a caso i rettori hanno accolto con «vivo allarme» lo slittamento del disegno di legge: «Nulla assicura - hanno scritto - visti i comportamenti registrati in questi giorni, che il rinvio serva effettivamente ad assicurare quelle indispensabili coperture finanziarie che, al momento, non sono garantite”. Ricercatori, studenti e sindacati oggi scenderanno in piazza per dire no al ddl con un sit-in a Montecitorio. L’Unione degli universitari annuncia un presidio a oltranza. E i ricercatori confermano la loro indisponibilità ad insegnare finché non avranno risposte certe. Risposte che, a questo punto, arriveranno a fine anno. Forse troppo tardi visto che molti atenei sono già in crisi perché i corsi non riescono a partire a causa della protesta del personale della ricerca. Allo stato attuale si rischia il blocco in molte facoltà. «Ed è un rischio molto concreto- spiega Bartolomeo Azzaro, coordinatore dei ricercatori romani e prorettore alla Sapienza - La protesta potrebbe radicalizzarsi. Alla Sapienza, a Scienze Politiche, nelle due Architetture a Lettere Ingegneria e Fisica c’è già il blocco che potrebbe allungarsi ed estendersi soprattutto ora che è emerso che i soldi non ci sono, che c’è stata una presa in giro. Dire che la riforma è senza soldi radicalizzerà lo scontro». |