Partire bene. L’Autovalutazione delle scuole tra difficoltà e rischi
sul percorso triennale che dall’AV di scuola porta alla rendicontazione sociale, si gioca una partita importante, strategica, come si usa dire adesso: sia nel senso che permette di cogliere una domanda di ricerca concreta di senso di quello che si fa a scuola e di ciò che impedisce che le cose non vadano per il verso giusto
È difficile dubitare che l’AV, se fatta nel modo giusto e inserita in un processo mirato, può essere un potente fattore di miglioramento delle nostre scuole. E, anche se la fase che il sistema nel suo insieme sta vivendo non sembra ancora presagire disponibilità dietro l’angolo a spiccare il volo, c’è, nei più avveduti tra quanti seguono le vicende scolastiche, la consapevolezza che, sul percorso triennale che dall’AV di scuola porta alla rendicontazione sociale, si giochi una partita importante, strategica, come si usa dire adesso: sia nel senso che permette di cogliere una domanda di ricerca concreta di senso di quello che si fa a scuola e di ciò che impedisce che le cose non vadano per il verso giusto; sia nel senso che il prestigio della scuola e dei suoi operatori dipende sempre più dall’impegno a rendere conto delle sue scelte e dei risultati del suo lavoro.
E senza voler caricare l’attività di AV di attese messianiche, una cosa importante però si può aggiungere sulle opportunità che essa apre anche sul fronte della scuola come organizzazione che apprende la riflessione sulle cose che fa e su come le fa: può diventare occasione non solo per rileggere gli assetti organizzativie ripensare i vari gruppi di aggregazione (Cdc, GdD,…) come luoghi di autoformazione e delle intese cooperative; ma anche per radicare progressivamente l’impegno autoanalitico, entro la cultura organizzativa della singola scuola e entro il lavoro concreto dei suoi operatori[1].E questo richiede che ci si investa sopra le energie di più anni, se si vuole che l’obiettivo sia un radicamento profondo e duraturo.
Una operazione grossa quindi a volerla fare bene e con gli strumenti giusti. Che esclude comunque improvvisazione e richiede cura e passione perché si proietta su una più avanzata idea di scuola .
La direttiva. Cosa dice
Due soprattutto mi sembrano i richiami che segnano le direttrici dell’operazione nel documento che la “lancia”. Il primo, che sottolinea come l'idea di fondo in ogni fase della valutazione e fin dal suo avvio è quella di “favorire un coinvolgimento attivo e responsabile delle scuole, fuori da logiche di mero adempimento formale”. Il secondo, che definisce “fondamentali i momenti da dedicare alla ricerca, al confronto e alla condivisione all’interno di ogni realtà scolastica”. E che solo così “l'autovalutazione diventerà lo strumento attraverso cui ogni scuolaindividua i dati significativi, li esplicita, li rappresenta, li argomenta e li collega alla sua organizzazione e al suo contesto”.
Ma perché queste direttrici e lo spirito che le anima sia effettivamente coinvolgente, penso vada assunta come problema la disattenzione che si coglie in giro su questa operazione, lanciata dalla Direttiva ministeriale già dal settembre scorso.
C’è il rischio di partire col piede sbagliato e di fare la fine di tante altre cose, anche interessanti e “strategiche” che, ogni tanto, attraversano come meteore il cielo delle nostre scuole.
Il fatto che se ne parli poco o niente non fa sperare bene.
Perciò, se si pensa, a partire dal ministro che ha firmato la direttiva, che questa operazione sia importante e se le si assegna un valore strategico, la scelta di riservarle una particolare attenzione esplicitando e curando le vari e azioni previste, potrebbe portare in primo piano il discorso dell’AV, anteponendolo ad altri di questo periodo.
Partire pertanto bene e in tempi stretti con i momenti formativi per i dirigenti e le scuole (previsti, tra l’altro, e di cui ancora non si sente parlare) può aiutare a dare rielevanza all’operazione; ma può risultare un segno di attenzione, coglibile dalle scuole, sia la pubblicazione dei tantissimi questionari INVALSI senza dei quali l’autovalutazione, almeno nei termini prevista dal Regolamento, non può partire, sia l’aggiornamento dei dati che i soggetti indicati (MIUR, ISTAT, Ministero Interni …) dovranno mettere a disposizione (molti sono fermi al 2012 e non pochi sono addirittura anteriori[2]).
Ma andrebbe – soprattutto - riservata una particolare attenzione ad alcune condizioni di contesto senza le quali fattibilità e riuscita dell’operazione sono a rischio.
Le condizioni di riuscita
Tra le condizioni di riuscita, è da mettere in primo luogo la disponibilità e la motivazione del personale, in primo luogo di dirigenti e docenti. Che - sappiamo -non snon si danno in astratto. Nè in modo uniforme sul territorio nazionale.
Al riguardo, evidenzierei soprattutto i seguenti punti:
- L’autovalutazione ( a partire dall’autoanalisi, fino alla rendicontazione sociale), non può coinvolgere i soliti noti delle scuole: la funzione strumentale prevista e qualche volenteroso occasionale, oltre al DS. Se così fosse, non faremmo nessun passo in avanti. E, si tratterebbe, per le scuole più “scenografiche” e che si sanno “vendere bene”, di qualcosa che molto assomiglierebbe alla storica “ammuina”[3]. Questa consapevolezza comporta l’impegno a fare i conti con l’attuale situazione delle nostre scuole in cui la cultura valutativa – fondamentale anche per operazioni come questa - non gode buona salute. Non si può pensare perciò di salvarsi l’anima con qualche incontro "formativo" per il Dirigente e il docente referente.
- L’autoanalisi e l’autovalutazione non vanno viste come operazioni a sé, sganciate cioè dalle altre tappe dell’intero percorso previsto (vedi tavola “Rapporto AV”): una AV che si sviluppa in una logica autoreferenziale, che non assume le “letture” altre che pure arrivano alle scuole, che si fa scudo delle responsabilità degli altrui per giustificare le proprie, che non ha in mente, in corso d’opera, la rendicontazione sociale del fare scuola, ha un respiro corto
- Evitare complicazioni e inutili rigidità nella gestione dei vari segmenti dei percorsi. Andrebbero, ad esempio, considerati operativamente in modo più flessibile (lasciando cioè alle scuole maggiore libertà) gli indicatori attraverso cui si analizzano le identità/specificità. Le quali, proprio per questo, potrebbero essere approfondite e valutate anche con categorie diverse rispetto a quelle proposte dal format (sul punto si ritornerà in seguito).
- Sviluppare un approccio che dia per scontato, almeno per questa prima volta, un po’ di approssimazione (che qui non è sinonimo di improvvisazione o superficialità) nella gestione delle varie parti del Rapporto, aiuta a creare un clima disteso e una disponibilità maggiore. L’ossessione di venire a capo di tutte le questioni che un’operazione come questa si porta dietro, l’ansia di rispondere a tutte le domande guida, a tutti i questionari ecc. non aiutano a concentrasi sulle cose che stanno più a cuore e fanno vivere male l’intera esperienza.
- Una forte motivazione del DS, sostenuta dall’essere dentro lo spirito e i meccanismi dell’operazione è fattore importante nella creazione di un clima favorevole alle attività autovalutative. Se non si attiva lui, è difficile che qualcosa si muova; se il RAV possa essere esercizio puramente formale o addirittura “molestia burocratica” oppure occasione per guardarsi allo specchio e cambiare qualcosa in meglio, dipende in primo luogo dal DS. Di questo anche l’Amministrazione dovrebbe essere consapevole – come anche del fatto che oggi il DS è sempre più oberato di carichi burocratici e organizzativi - e non dovrebbe pertanto fargli mancare i necessari supporti.
Comunque, disponibilità e motivazione, consapevolezza e condivisione non potranno mai essere significative e incisive se non ci saranno segnali netti e forti per quanto riguarda gli investimenti in termini di risorse finanziarie e organizzative. Senza il riconoscimento dellavoro aggiuntivo e la previsione di momenti formativi ad hoc e del sostegno alle scuole, non si va molto lontano.
RAPPORTO AV: AZIONI, SOGGETTI, TEMPI
N. AZIONI |
SOGGETTI |
TEMPI |
1 / PREDISPOSIZIONE FORMAT RAV |
INVALSI |
Fine ottobre 2014 |
2 / APERTURA PIATTAFORMA INFORMATICA |
Ministero |
Inizio gennaio 2015 |
3 / INSERIMENTO DATI |
Tutte le scuole |
Gennaio-febbraio 2015 |
4 / RESTITUZIONE DATI CON BENCHMARK |
INVALSI |
Fine marzo 2015 |
5 / ELABORAZIONE RAV |
Tutte le Scuole |
Marzo-oiuqno 2015 |
6 / PUBBLICAZIONE RAV |
Tutte le Scuole |
Luglio 2015 |
L’AV tra esigenza di comparabilità e “cuore del processo”
Va sempre e comonque tenuto presente che l’AV è operazione che per un verso serve alla scuole per progettare i propri miglioramenti con cognizione di causa, dall’altra è anche attività volta a fornire strumenti di analisi e conoscenza capaci di monitorare il sistema scuola e garantirgli tenuta unitaria e comparabilità di prestazioni e risultati. E quindi a dare a chi ne ha responsabilità strumenti per poter intervenire. Ovviamente questa preoccupazione, per così dire sistemica, è più che ovvia. E quindi un format del Rapporto di AV che renda visibile questa ragion d’essere del SNV è assolutamente fuori discussione. Quello che qui si vuole segnalare come problema è che tale giusta preoccupazione del ministero e dell’INVALSI, certamente importante e “strategica”, ha prodotto un modello di autoanalisi che fa correre il rischio di marginalizzare / rendere irrilevante quello che De Anna, definisce giustamente il ‘cuore del processo’”; che “è, e non può non essere, l’autoanalisi della singola organizzazione”.
Consideriamo, per capirci meglio, il format proposto.
È evidente come in esso, la parte del leone nel processo autovalutativo è svolta dai questionari INVALSI e dalle domande guida per individuare punti di forza ecc.
Gli stessi dati sui risultati delle prove INVALSI, forniti a suo tempo dalle scuole all’Istituto, sono restituiti da esso filtrati; per cui si registra il paradosso che anche per questi dati la fonte che figura è ancora e sempre l’INVALSI
A considerare le varie schede previste per la elaborazione del RAV, si ha come l’impressione di un imbrigliamento. Non mancano spazi per le scuole. Ma riflessioni e analisi sono sempre a partire da domande guida e questionari e dati proposti da fuori.
Ora, certamente le domande guida sono in genere ben fatte. Non sappiamo, tra l’altro, a tutt’oggi, come saranno i questionari. I dati probabilmente si riuscirà ad aggiornarli (qualche dubbio, ma anche qualche speranza). Comunque l’impressione è di essere eterodiretti. E questo, per istituzioni autonome che devono ancora, per molti versi, imparare a diventare autonome o a consolidare la loro autonomia, non è un messaggio che aiuta.
Qualche ds e qualche scuola saranno contenti: una bella comodità. Qualcuno (pochi) protesteranno. La maggior parte delle scuole, tirate come tutti per i capelli in questa operazione, ne approfitterà per riempire i moduli e continuare a vivere infelice e scontenta.
Chiarimenti
Ovviamente nessuno può pensare che indicatori comuni, standard per tutte le scuole non debbano esserci. Si è già detto che le rilevazioni sullo stato di salute delle nostre scuole, di cui l’AV e la valutazione esterna sono tappe, sono strumenti conoscitivi importanti per definire più appropriate politiche migliorative del sistema. Non è la sulla comparazione o la tenuta unitaria del sistema che si intende richiamare l’attenzione in termini critici, ma sul fatto che si sia optato per un modello in cui le domande guida, i questionari e l’interrogazione dei dati possano essere uguali in tutte le voci del Rapporto; anche per quelle in cui la storia, le specificità, i bisogni delle scuole avrebbero suggerito altre linee problematiche e altri approcci.
Ad esempio questionari conformi e domande guida uguali sono condivisibili per una serie di indicatori[4]- che rendano possibile analisi comparative e una visione unitaria del sistema in vista interventi compensativi mirati (per appianare gli squilibri territoriali o migliorare comparti del sistema più bisognosi di cura e/o manutenzione e anche di cure energiche ). Ma su una serie di altri aspetti del funzionamento delle scuole[5], un modello unforme di rilevazione e analisi, oltre ad essere indebito, non può essere motivo di imbrigliamento che non aiuta?
In altri termini, “Il ruolo indispensabile della dimensione sistemica” non si eserciterebbe meglio invece “indicando un plafond ristretto e essenziale di rilevazione di dati” che “non possono non esserci”, a garanzia della comparabilità” dei vari Rapporti”, come propone De Anna - e non solo -?
Le scuole molto probabilmente imparerebbero meglio a interrogarsi in autonomia sulla propria identità attraverso un proprio impegno autoanalitico che,tra l’altro, eviterebbe il rischio di “uniformizzarsi”; rischio che certamente si corre con il format proposto.
La cosa che va comunque evitata, nei modi possibili, è che si realizzi una previsione che a tutt’oggi appare abbastanza facile. E cioè che la maggioranza probabile delle scuole , “dopo il primo impatto e fatica, assolvano all’adempimento, compilando schede, rispondendo alle domande, assemblando il report (…) lasciando sullo sfondo le dinamiche reali della propria identità di organizzazione, i caratteri della propria cultura organizzativa” [6]. E questo è forse l’impegno più urgente a cui è adesso di fronte chi, del mondo della scuola, è, a vario titolo responsabile.
Raccogliere la sfida
D’altra parte le sperimentazioni su Valutazione /Autovalutazione e Autoanalisi di Istituto sono partite e si sono sviluppate – a partire dagli inizi degli anni ’90 - con l’obiettivo di un modello di scuola autonoma, attrezzata, responsabile[7]. Pur comprendendo le preoccupazioni dell’INVALSI e del MIUR, sarebbe bene che questa lezione la si tenesse presente.
Conclusivamente penso comunque che sia importante raccogliere la sfida; con tutti gli accorgimenti del caso (che potranno meglio delinearsi quando saranno pubblicati questionari e dati); e anche con tutte le consapevolezze: prime fra tutte, quelle delle condizioni di contesto che valgano a garantire il successo dell’impresa.
Su quest’ultima partita , c’è un lavoro fondamentale per le scuole più attrezzate e i gruppi impegnati di insegnanti (che non mancano in nessun istituto); ma anche per l’associazionismo professionale e le organizzazioni sindacali soprattutto. Che possono – ciascuno per le proprie competenze - fare la differenza in ordine alla riuscita.
Chi può volere che anche questa sia una meteora?
[1] Cfr. De Anna, Valutare decidere, governare, valutare: la “direttiva” del Ministro sul sistema nazionale di valutazione, in www.scuolaoggi.org, che al riguardo si spinge ad affermare che è l’impegno autoanalitico che si radica a conferire valore all’autovalutazione.
[2] V. al riguardo, Daniele Checchi e Maria De Paola, Autovalutazione delle scuole: esercizio con rischio
in lavoce.info del 16 dic 2014
[3] Andrebbero pertanto interpretate e gestite con larghezza di vedute , ad esempio, le indicazioni sulla formazione dell’unità di valutazione contenute nella Circolare di trasmissione della direttiva di settembre (DS + FS + almeno un docente scelto dal CD); indicazioni che, nei termini proposti, non fanno cogliere l’importanza della posta in gioco e la necessità di un coinvolgimento generalizzato. Se l’operazione non punta, ad esempio, a coinvolgere – e a riconoscere - anche i coordinatori dei gruppi più significativi in cui si articola del CD, oltre al DSGA e qualche figura delle segreterie, più difficilmente l’impegno della scuola potrà diventare diffuso, capillare e avere gambe per camminare.
Sul nucleo di valutazione interna e sul referente oer la valutazioni, indicazioni operative ricche e stimolanti in Giorgio Allulli, Fiorella Farinelli e Antonino Petrolino: L’autovalutazione di Istituto. Modelli e strumenti operativi, (Guerini e associati, Milano 2013), pp. 116-120.
[4] Qualche voce, a titolo esemplificativo: curricolo, prestazioni essenziali delle scuole, pratiche valutative e professionali, funzionamento del CD, funzioni aggiuntive all’insegnamento e assetto organizzativo basic per le scuole….
[5] Anche qui qualche voce, a titolo esemplificativo: Integrazione, sostegno e BES, organizzazione interna,ambienti di apprendimento, modalità di progettazione didattica, scelte di scuola sulle eventuali attività opzionali ed elettive che arricchiscono l’offerta curricolare. …
[6] F. De Anna, Autonomia e autovalutazione: limiti e contraddizioni de “La Buona Scuola”, in www.PavoneRisorse.
[7] V. Alessandro Mattioli, II Progetto Auto-analisi d'Istituto in Rete (AIR),in https://digilander.iol.it/airitalia/lndex.html (un passaggio chiave: “ Obiettivo di fondo dell'AI è trasformare gli istituti in organizzazioni "pensanti e riflessive". Questo può avvenire in un lasso di tempo non breve, percorrendo una sequenza evolutiva in tre tappe: a) valutazione per il miglioramento: la scuola attua la sua prima Al per individuare i propri punti forti/deboli e progettare conseguenti piani di miglioramento; b) valutazione del miglioramento: la scuola attua successive Al per valutare (anche) se le iniziative di miglioramento intraprese in passato hanno avuto successo o meno e perché; c) valutazione come miglioramento: la scuola conduce l'AI da più anni e questa attività si è istituzionalizzata, è divenuta un modo abituale di affrontare i problemi che via via l'istituto incontra”) e Giorgio Allulli, Fiorella Farinelli e Antonino Petrolino: L’autovalutazione … cit, , che offre riflessioni e indicazioni ricche e stimolanti sui modelli di AV, su metodologia e strumenti operativi e sull’organizzazione della Peer Review.