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Renzi: «Ci sono università di serie A e di serie B, ridicolo negarlo»

Il premier: il merito conta, non possiamo portare tutte le 90 università nella competizione globale

19/02/2015
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Corriere della sera

«Dobbiamo avere il coraggio di dire che questa storia per cui in Italia non si può affermare che ci siano diverse qualità fra le diverse università è ridicola. Ci sono già università di serie A e di serie B in Italia e rifiutare la logica del merito dentro le università e pensare che tutte siano brave è quanto di più antidemocratico vi possa essere». Lo ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi parlando all’inaugurazione dell’anno accademico al Politecnico di Torino.

Classifiche e realtà

Renzi riprende le polemiche che hanno accompagnato nelle scorse stagioni l’introduzione del sistema di valutazione della ricerca e dell’Università e le polemiche che ogni anno precedono e seguono l’assegnazione della quota del fondo ordinario che è ripartita in base ai meriti e alla qualità delle Università: «Bisogna saper riconoscere il merito - ha aggiunto Renzi - non possiamo pensare di portare tutte le 90 università nella competizione globale, allora ci spazzeranno via tutti quanti».
«In democrazia - ha aggiungo Renzi - se oggi perdi domani puoi vincere, non si tratta di bloccare la maggioranza, ma di trovare idee che siano vincenti. Se nelle università abbiamo paura delle classifiche, allora abbiamo paura della realtà». Positiva la reazione di Stefano Paleari, presidente della Conferenza dei rettori: «Credo che quello di Renzi sia solo uno stimolo: voleva intendere che ci sono università diverse, che pur partendo da condizioni simili raggiungono risultati diversi, e che quindi devono essere spinte a competere tra loro per migliorare. Non intendeva sicuramente che quelle di serie B non servono. L’introduzione della quota premiale, dei costi standard, dell’Anvur, sono tutte novità degli ultimi anni che hanno spinto proprio in questa direzione, di incitare gli atenei a capire i propri punti deboli e a superarli».

La quota per gli atenei virtuosi

Attualmente il Fondo ordinario di finanziamento alle università - che ammonta a poco più di sette miliardi- viene assegnato in base a due grandi capitoli: la quota base, che tiene in considerazione i numeri dell’università, e la quota premiale, su cui pesano i risultati conseguiti nella valutazione della ricerca (per il 70%), la valutazione delle politiche di reclutamento (20%), i risultati della didattica con specifico riferimento alle aperture internazionali (10%). Questa fetta di risorse destinate alle università virtuose è destinata ad aumentare di anno in anno: per il 2014 ammontava al 18%, pari a 1,215 miliardi. Una fetta della quota base del Fondo di finanziamento ordinario è poi assegnata in base al costo standard di formazione per studente in corso. Il costo standard viene calcolato attraverso una formula che mette in relazione i costi che gli atenei sostengono per i diversi corsi di studio (costi dei docenti, del personale tecnico e amministrativo, di funzionamento) alla popolazione studentesca in corso. Ma che tiene conto anche del contesto economico e della capacità contributiva reale degli studenti a partire dai redditi medi regionali pubblicati da Istat. Sia la quota premiale che i costi standard vanno nella direzione indicata da Paleari: «Abbandonare la logica della valutazione come eliminazione e considerarla nell’ottica di sviluppo e miglioramento delle condizioni di partenza».Anche se negli ultimi anni i criteri della valutazione sono finiti al centro di polemiche e contestazioni.

L’Udu: «Preoccupante»

«Dichiarazioni chiare e preoccupanti quelle del premier, parole che ricordano le stesse politiche della Gelmini, quelle politiche che l’università l’hanno distrutta e di cui oggi stiamo pagando le conseguenze»: è critica invece l’Unione degli universitari sulle dichiarazioni fatte da Renzi. «Le parole del premier -sottolinea Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Udu - esprimono un’idea di università diametralmente opposta a quella della nostra Costituzione. Rispondiamo che antidemocratico e antimeritevole è un diritto allo studio inesistente, messo in ginocchio da anni di mala politica e sottofinanziamenti». Di diversa opinione Virgilio Falco, portavoce del movimento StudiCentro: «Chi contesta Renzi per aver detto oggi, senza falsa retorica, che non tutte le università italiane possano competere a livello globale, vive nel mondo dei sogni». «Dare più fondi alle istituzioni accademiche che hanno sperperato meno e fatto crescere il nostro Paese per la ricerca e la qualità della formazione è un principio dal quale - afferma - non si può tornare indietro».