La Rete degli studenti annuncia da oggi sit-in in 100 città. Simbolo, un casco giallo in testa
Per 25 manifestanti è scattata la denuncia per reati contro l´ordine pubblico
ALESSANDRA ZINITI
DAL NOSTRO INVIATO
MESSINA - Sara non lavora già da due anni e sa che anche quest´anno non avrà il posto. Rita ha 164 punti in graduatoria, cinque concorsi pubblici vinti e - dice - "zero prospettive per il futuro". Marciano, donne-sandwich, per illustrare tutta la loro disperazione verso gli imbarcaderi di quello Stretto sul quale dovrebbe sorgere il Ponte che qui nessuno vuole. Perché gli 8 miliardi di euro stanziati i precari li vorrebbero per realizzare "un ponte per la scuola".
Non a caso hanno scelto Messina per la loro proteste i circa quattromila degli oltre 230mila lavoratori della scuola interessati dai tagli della riforma Gelmini che ieri si sono dati appuntamento da tutto il mezzogiorno d´Italia sulle due sponde dello Stretto, insieme agli aderenti al Comitato "No ponte".
Tanta rabbia, ira, tensione tra i fischietti, i tamburi e le bandiere. È solo la prima di una nuova teoria di proteste che da oggi, giorno della prima campanella in dieci regioni, verranno attuate a macchia di leopardo da docenti e studenti. La Rete degli studenti annuncia flash mob davanti alle scuole di 100 città: casco giallo in testa per "proteggersi dalle macerie causate da Gelmini e Tremonti".
I precari del Sud che si sono dati appuntamento ieri a Messina avevano annunciato che non avrebbero bloccato la navigazione sullo Stretto, ma a mezzogiorno di una mattinata in cui le migliaia di storie di giovani, e meno giovani, insegnanti e collaboratori amministrativi senza prospettive di lavoro hanno surriscaldato gli animi, la testa della manifestazione ha cominciato improvvisamente a spingere verso gli imbarcaderi dei traghetti delle Ferrovie dello Stato dove la nave Riace stava per mollare gli ormeggi. I precari sono riusciti ad eludere il cordone delle forze dell´ordine e a bloccare la partenza.
Dall´altra parte dello Stretto, i colleghi giunti dalla Calabria, dalla Campania, dalla Puglia hanno bloccato la via d´accesso all´imbarco di Villa San Giovanni paralizzando lo svincolo della Salerno-Reggio Calabria. Subito dopo un´altra ala del corteo si è spostata nella adiacente stazione di Messina fermando due treni in arrivo da Torino e diretti uno a Palermo, l´altro a Siracusa. Anche in questo caso solo disagi contenuti per i passeggeri, costretti ad un ritardo imprevisto.
Una prova di forza, un modo per dimostrare "di esserci" e di essere in grado, se necessario, di organizzare altre manifestazioni. Intanto per 25 di loro, già identificati dalle forze dell´ordine, è scattata la denuncia per reati contro l´ordine pubblico.
Ma poco importa a questa gente che grida "Una sola licenziata, la Gelmini", che si definisce "serva e vittima del governo" e che ritiene i tagli frutto di incompetenza. Ci sono i docenti che, da Sud a Nord, insistono nello sciopero della fame. Come Giuliana Lilli, del coordinamento precari scuola di Roma, in staffetta con i due colleghi siciliani Giacomo Russo e Caterina Altamore e con Pietro Di Grusa che digiuna a Palermo.
Ci sono le magliette rosse con il volto di una Gelmini con tanto di aureola e la scritta "beata ignoranza", ci sono i palloncini liberati in cielo con su scritto "Gelmini vola via" ma anche i sindacalisti che litigano tra di loro a colpi di bandiere strappate in cerca del primato della "durezza" con le rappresentanze dei sindacati di base, che cacciano letteralmente in un´altra area quelli della Cgil accusandoli di non essersi mai interessati dei precari della scuola.
«La nostra protesta oggi è forte e chiediamo che si ritirino i ddl della Gelmini sia per la scuola che per l´università», dice il segretario generale della Cgil di Catania, Angelo Villari. Non ci sono scontri, ma tanta tensione emotiva e tanta rabbia tra gli insegnanti e i collaboratori Ata. Luisa arriva da Catania: «Non vogliamo i tagli, ma non vogliamo neanche i sussidi. Vogliamo solo il nostro lavoro, quello per cui abbiamo studiato e sul quale ci siamo costruiti la vita».
Come lei, solo in Sicilia, sono 13mila a ritrovarsi senza posto in quello che definiscono un "autunno infinito".
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