Repubblica-Studenti e prof, prove di movimento
Il ministro Moratti sta riuscendo nel miracolo di rimettere insieme i cocci di un'opposizione popolare al governo Berlusconi Studenti e prof, prove di movimento Occupazioni, cortei, siti...
Il ministro Moratti sta riuscendo nel miracolo di rimettere insieme i cocci di un'opposizione popolare al governo Berlusconi
Studenti e prof, prove di movimento
Occupazioni, cortei, sitin contro la "scuola americana"
Adesso a dar man forte alla contestazione arrivano no global, pacifisti e Sinistra
È cominciata con lo sciopero della fame in un liceo romano, tra le invettive della Destra
La novità è che, divisi in mille sigle, ora anche gli insegnanti si stanno ribellando
CONCITA DE GREGORIO
ROMA '#8212; Stai a vedere che Letizia Moratti riesce dove ha fallito il centrosinistra: rimettere insieme un'opposizione a cocci. Non è facilissimo, diversi leader politici anche di razza hanno rinunciato. Moratti però ce la può fare. E' donna di tempra. Non si muove per andare a un'assemblea di professori e studenti nemmeno se invocata da scioperi della fame e incatenamenti in piazza. Non riceve delegazioni nel suo studio. Non esce in pubblico se non per andare da Cielle, non comunica se non con Famiglia Cristiana, domande scritte risposte scritte. Vive blindata al ministero protetta da portavoce che portano soltanto silenzio. Alle conferenze stampa '#8212; rare '#8212; espone il suo punto di vista, sorride, non accetta domande e se ne va.
La reazione degli studenti a quella che si presenta come una controriforma della scuola il cui senso principale è smontare pezzo a pezzo la riforma precedente è stata dapprincipio disordinata e scomposta, come si addice ai sedicenni. Occupazioni, autogestioni, sit in e molti slogan: "Moratti ministro distruzione", tutto attaccato, "no alla scuola americana, no alla scuola di classe". Fin qui tutto regolare: usuale contestazione studentesca. I primi segnali che la protesta in difesa della scuola pubblica poteva diventare una colla capace di rimettere insieme l'opposizione anche politica sono arrivati dai giornali della destra, quando i commentatori hanno preso ad occuparsi dei liceali in lotta: gli adolescenti del Tasso, liceo di Roma diventato l'emblema della protesta per via dello sciopero della fame, sono diventati oggetto di una campagna denigratoria a tratti anche insultante, di una violenza verbale davvero degna di miglior causa.
I "tassisti" hanno certo la colpa '#8212; agli occhi della destra '#8212; di essere figli della borghesia di sinistra, hanno facile accesso alle televisioni e ai giornali in cui i loro genitori lavorano, ma a nessuno che abbia partecipato alle loro assemblee sono sembrati pericolose cellule di black blok antiberlusconiani capaci di imbracciare il kalashnikov. Così, anche a non essersi accorti prima di loro, è toccato indignarsi, e solidarizzare. La protesta e le occupazioni si sono estese: in tutta Italia, nei licei come negli istituti tecnici e professionali. I no global di Casarini hanno simpatizzato. I disobbedienti di Lilliput hanno aderito. I pacifisti delle settecentoventotto sigle del Movimento hanno partecipato ai loro dibattiti, e d'altra parte i più grandi di questi studenti avevano avuto il permesso dai genitori di andare alla PerugiaAssisi, e prima ancora persino a Genova. Sono gli stessi, insomma: il Movimento, gli studenti, i 200 mila visti a Roma in piazza il 10 novembre sono loro. I sindacati li hanno difesi. La sinistra politica si è infine accorta che ci sono: Rutelli e Fassino hanno finalmente indetto conferenze stampa. Bertinotti se ne è assunto la paternità non richiesta. I verdi e i comunisti li hanno invitati ai loro congressi. I cattolici di centrosinistra li hanno seguiti con prudente, preoccupato affetto. Ci siamo, quindi: lo schieramento politico che sta all'opposizione si è accorto che il più grande movimento popolare di protesta contro governo Berlusconi è composto da chi ha meno di vent'anni.
Infine, e questo sì che è un miracolo, si sono mobilitati in modo quasi unitario gli insegnanti. Dispersi in mille sigle o in nessuna, avviliti dalle fatiche degli ultimi vent'anni i docenti hanno trovato la forza di scioperare una due e tre volte, di solidarizzare coi loro alunni, di convocare "assemblee unitarie" per "articolare la protesta". Certo, sono una parte del corpo docente: si firmano "insegnanti democratici", o "professori carbonari". Però sono tanti, e partecipano agli incontri fuori orario, in quel poco tempo non retribuito che avanza dal molto mal pagato. Ieri nell'aula magna del Tasso erano un centinaio, di varie scuole romane. Hanno avviato un coordinamento permanente (email: docenti@.liceotasso.it), hanno deciso che faranno una catena umana intorno al palazzo dei congressi dell'Eur nei due giorni degli Stati generali indetti dalla Moratti, hanno proclamato uno sciopero nazionale unitario e invitato a fare disobbedienza civile nelle commissioni d'esame di Stato: a non andarci, insomma.
All'assemblea c'era anche Berlinguer, ieri. Luigi Berlinguer l'ex ministro in versione scapigliata e vagamente no global anche lui, seppure in sciarpa a pois di seta. "Non è una riforma, questa. E' un progetto il cui solo scopo è demolire quel che ha fatto il demonio che c'era prima", cioè lui medesimo. "Bisogna che si mobilitino gli intellettuali. Bisogna sostenere e ringraziare gli studenti, perché sono stati loro molto più dei docenti a trainare la ribellione. E che la protesta non si spenga dopo Natale, in primavera potrebbe essere troppo tardi". Qualche borbottio in sala, non è che tutti gradiscano, ora, che Berlinguer venga a fare l'elogio del movimento studentesco e la rampogna ai docenti in sonno. "Quegli studenti sono nostri alunni", alza la voce un'insegnante in sala. Certo, certo, il merito è vostro. "Ma bisognerebbe cercare adesso, pur nella richezza della diversità, di ritrovare l'unità".
Eccolo qua il punto dolente degli insegnanti più o meno democratici, della sinistra tutta: la diversità è bellissima, una vera ricchezza, dice l'ex ministro con la voce rotta, si rompeva anche quella di Rutelli in campagna elettorale. Però: si potrebbe fare questa cosa insieme?, "non guardando all'intero ideale di vita, su quello saremo divisi sempre, ma a qualche traguardo comune?". Un capannello, in corridoio, trova che forse ce la si può fare. "Dobbiamo ricordarci Bertrand Russell: non ci interessano gli eroi, ma gli obiettivi", dice una professoressa. Gli altri annuiscono. A Roma il 20 ci saranno in piazza centomila persone, annuncia qualcuno. Magari saranno meno. Ma ora che anche i docenti son diventati disobbedienti, se i no global li adottano e gli studenti li accolgono, con l'aiuto della Moratti: chissà.