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Ricerca scientifica sugli OGM e scelte di governo trasparenti

di Elena Cattaneo

03/07/2015
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la Repubblica

IN UN Paese democratico il governo detta le scelte politiche, a partire da quelle economiche e, nel caso in questione, stabilisce la politica agricola e alimentare. Ma se non può portare dati e statistiche a sostegno delle sue scelte fa eccezione agli articoli 9 e 33 della Costituzione. Il divieto alla ricerca pubblica su piante geneticamente migliorate non è che questo. Ilgoverno, se vuole, racconti di motivi di supremo interesse per la sicurezza nazionale, ma non cambi discorso per non guardare i problemi, dopo che politiche agricole scellerate hanno causato un deficit della nostra bilancia agroalimentare pari a 4-6 miliardi ogni anno, da 20 anni.
In Parlamento e su queste pagine ho chiesto al governo di dare attuazione ai regolamenti necessari per schiodare dal palo la ricerca scientifica pubblica sugli Ogm in pieno campo. Il ministro Martina risponde eludendo le questioni ed evocando scenari che mancano di argomenti. Ripropongo il tema a una Sua più scientifica attenzione.
1) Il Ministro banalizza la discussione sugli Ogm. Non si parla di “giochi molecolari cui gli scienziati si dilettano per sport”, bensì di innovazioni cui guardare per far resistere ed esistere il pomodoro San Marzano, gli agrumi del mezzogiorno, il riso Carnaroli, meli, viti, ulivi; ma anche frumento che cresce con meno acqua, meno aggredito da parassiti, nutrito da microrganismi che alimentano i cereali di azoto e fosforo, etc... Gli scienziati sono in grado di trasferire nelle piante geni provenienti da altri organismi, oppure all’interno della stessa specie (da una patata a un altro tipo di patata), o di modificare il genoma della pianta senza introdurre nuovi geni. Sono le tecniche del trans-genico, del cis-genico e della correzione del genoma (o evoluzione guidata). L’alternativa è pregare che una pianta migliore appaia spontaneamente e alla svelta.
Il Ministro ha deciso di abbandonare in mani straniere le commodities , quindi anche grano e mais. Ricercatori italiani e imprenditori agricoli, invece, vogliono provare a competere e a proporre idee su pomodori, meli, peschi e agrumi, che non sono commodities . Ecco, signor Ministro, perché tutto il mondo della ricerca pubblica è deluso e arrabbiato. Perché se lei non consente questa ricerca in pieno campo (è questo il punto) vuol dire che è indistinguibile da chi ha causato quel buco di bilancio drammatico. Poi non ci si stupisca se giovani ingegnosi se ne vanno e non tornano. Dovrebbero forse restare in un Paese che chiede loro di rinunciare a pensare, e magari divenire complici della sua arretratezza?
2) Io non ho detto, né pensato, che Ogm e miglioramento genico non Ogm siano l’unica soluzione per i problemi dell’agricoltura, e nessuno scienziato lo ha mai scritto. Si è cercato di spiegare che vietarli immotivatamente significa togliere al Paese e ai nostri imprenditori agricoli delle opportunità. Un governo e un ministro trasparenti dovrebbero quindi dire: è vero che gli Ogm studiati e autorizzati sono sicuri per la salute; che da anni entrano nei nostri prodotti alimentari (anche in quelli “apprezzati in tutto il mondo”); che potrebbero salvare le nostre piante; ma decidiamo comunque di non coltivarli e di non studiarli per ragioni politiche ed economiche (direi ideologiche). E comunque continueremo a importarli.
3) Il ministro Martina dice che l’Italia è Ogm free. Se non porta prove, è propaganda. Almeno 3 kg del pasto quotidiano di una vacca sono Ogm. Cioè, ogni giorno, entrano e vengono consumate 10mila tonnellate di mangimi Ogm che comperiamo all’estero. Non solo. Tra il 1992 e il 2004 abbiamo sperimentato in campo aperto quasi 300 tipologie di piante Ogm. Senza leggi speciali, semplicemente osservando le norme e i protocolli pianta per pianta. Abbiamo messo in campo decine di piante Ogm di pomodoro, melanzana, cicoria, vite, fragola, grano, mais e insalata, senza il minimo problema. Abbiamo anche coltivato centinaia di ettari di mais Ogm, anche questi senza danni per nessuno (i dati della Forestale friulana parlano chiaro). Ecco perché far percepire al cittadino che l’utilizzo di una tecnologia ormai storica e che ha promosso il benessere umano sia come il consumo di una droga illegale è qualcosa di inaccettabile.
4) Il ministro Martina elogia gli studi di genomica compiuti sul grano duro, pesco, agrumi, vite. Nel neonato CREA sono 22 i ricercatori che si occupano di genomica (6% del totale). Un po’ poco per sperare di cambiare l’agricoltura nazionale. La genomica è importante. Ma un premio Nobel l’ha definita “un lavoro preparatorio”, che non porta alcun risultato applicativo senza ipotesi e modelli sperimentali da controllare in pieno campo. E quindi, ora che conosciamo come intervenire per migliorare melo, vite, pesco, riusciremo ad agire per evitare che l’Italia resti il principale utilizzatore di fungicidi e quindi di metalli pesanti sparsi a piene mani sui nostri campi e sulle nostre colline? Provi il Ministro anche a chiedere agli scienziati italiani che hanno partecipato al sequenziamento dei genomi, se sono contrari a utilizzare queste conoscenze anche per migliorare le piante tramite le tecnologie di cui sopra. Così, forse, invece di discutere se favorire le multinazionali statunitensi del biotec (quelle dei semi Ogm e da cui acquistiamo anche tutti i nostri semi non Ogm, piante da orto incluse) o quelle europee della chimica (ad esempio quelle tedesche), potremmo cominciare a favorire i prodotti e l’agricoltura italiana.
5) Un ultimo chiarimento, signor Ministro: lei è favorevole a consentire la ricerca controllata in campo aperto con le tecnologie di miglioramento genico (Ogm o no) oppure continuerà, come i suoi predecessori, a impedire la produzione di varianti delle nostre piante tipiche che siano resistenti ai naturali parassiti? Ovviamente esaltando la tipicità di un biologico che rimane, a tutti gli effetti, un inganno semantico, oltre che un affare per pochi. Mi chiedo se è al corrente che questa politica aiuta le multinazionali della chimica a venderci insetticidi autorizzati in agricoltura biologica dove si dichiara: “tossico per le api” — “nuoce gravemente all’ambiente acquatico”. In questo modo verrà tutelata “l’agroecologia”? Nel frattempo, esperti di politiche agricole del mio Ateneo mi informano che la semina di mais in Italia, nel 2015, è ulteriormente in calo del 10% rispetto al 2014. Sfonderemo il muro del miliardo di euro di spesa per l’importazione del solo mais.
Infine, se l’Europa impedirà al nostro Paese di vietare le importazioni di mangimi Ogm, confermandoci “Paese non-Ogm free”, Lei si schiererà con me per l’etichettatura di tutti i derivati da mangimi e cotone Ogm? Condivido la sua battaglia per la trasparenza alimentare verso i consumatori, ma questa non può essere condotta a giorni alterni. O la trasparenza riguarda solo i formaggi fatti senza usare latte, ma non quelli prodotti da animali nutriti con Ogm?

Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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