“Rivoluzione meritocratica” doveva essere e rivoluzione sarà. Nella bozza del decreto legge sulla riforma della scuola (quello della discordia, che il governo starebbe pensando di convertire in ddl) il capitolo che riguarda la nuova carriera dei docenti conferma le intenzioni sbandierate nelle ultime settimane da Matteo Renzi e Stefania Giannini: dall’anno prossimo gli insegnanti italiani saranno giudicati. Anche dagli studenti. E i loro stipendi saranno legati ai “voti” ricevuti. Ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare una delle ultime bozze del decreto messo a punto dai tecnici del Ministero. Dopo la marcia indietro di lunedì sera e i timori di Renzi il provvedimento potrebbe essere convertito in un disegno di legge, “per coinvolgere le opposizioni“. Ma, anche se dovesse essere così, in questo testo confluiranno gli articoli 19 e 20 sulla “valutazione del docente” e la “progressione economica”. E la prima certezza è che il vecchio sistema basato solo sugli anni di servizio va in pensione. Ne nasce uno nuovo, a carattere misto, con il 30% soltanto riservato all’anzianità e il 70% ai bonus di merito. Fra cui i tanto discussi “crediti didattici”, che valuteranno la “qualità dell’insegnamento”.
La riforma della carriera è uno dei punti più contestati dalla riforma: i sindacati sono sul piede di guerra e i diretti interessati temono di perdere diverse migliaia di euro. Le tante proteste degli ultimi mesi sono servite solo in parte. Il Ministero ha fatto marcia indietro sull’idea di abolire completamente gli attuali “gradoni” (che restano, confinati però al 30%), e pure sull’ipotesi di assegnare i bonus solo ai migliori 2/3 del personale (tutti prenderanno tutto, seppur in misura diversa). Ma la coppia Renzi-Giannini ha tirato dritto sulla “questione meritocratica”, uno dei cavalli di battaglia della loro gestione. Come previsto già nel piano “La Buona scuola”, nasceranno tre tipologie di crediti: didattici, in relazione alla qualità dell’insegnamento; formativi, per formazione, attività di ricerca e produzione scientifica; professionali, in funzione della “partecipazione attiva all’organizzazione e alle progettualità” della scuola. Era meno previsto, invece, che nella valutazione dei docenti potessero rientrare gli stessi studenti: il “riconoscimento dei crediti didattici – si legge infatti nel decreto – avviene attraverso la rilevazione delle attività di insegnamento e di analisi della documentazione prodotta dal docente, sentiti anche gli studenti e le famiglie”. Resta da chiarire quanto incisivo sarà questo parere, ma sembra che i ragazzi avranno voce in capitolo sulla carriera dei propri insegnanti.
Il “Nucleo interno di valutazione” sarà composto dal preside, da due docenti “mentor” (nuova figura, scelti fra gli insegnanti con risultati più alti, a cui sarà riconosciuto una maggiorazione dello stipendio del 10%), un docente di staff e un dirigente esterno. Dai loro giudizi su base triennale dipenderanno i bonus in busta paga. Qui c’è l’altra grossa novità rispetto al piano di partenza: sono previste tre diverse fasce economiche su cui verranno distribuiti i docenti di ogni scuola in base ad una sorta di graduatoria. Tutti, dunque, beneficeranno in qualche maniera dei nuovi scatti. Però alla fascia maggiore potranno accedere solo alcuni. E i docenti che per due cicli consecutivi non soddisfano i requisiti minimi, “saranno soggetti a specifiche procedure di verifica” (mentre in origine sembravano escluse possibili sanzioni), e non avranno diritto ad alcun incremento stipendiale.
E i sindacati che ruolo avranno in questa riforma? Il governo riconosce che la materia li riguarda da vicino, e per questo apre alla “stipulazione di un contratto collettivo nazionale di lavoro”. Una concessione alle parti sociali, ma fino ad un certo punto: “Se il perfezionamento negoziale non sarà concluso entro il 31 luglio”, il governo andrà avanti da solo. Se il testo verrà confermato nel disegno di legge, dunque, si annuncia battaglia con le parti sociali. E anche con gli insegnanti. Perché il nuovo sistema – precisa il decreto – sarà “a spesa invariata”: gli stessi soldi che in passato venivano utilizzati per i “gradoni di anzianità” dovranno bastare a finanziare anche il nuovo meccanismo meritocratico. Qualcuno, per forza di cose, ci rimetterà.
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