Scuola, il governo si gioca la fiducia
Se salta il compromesso in commissione voto blindato sul maxiemendamento entro venerdì
ROMA Un mandato di sette anni non rinnovabili al preside, un tetto al reddito di chi potrà chiedere sgravi fiscali per mandare i figli alle scuole paritarie, un comitato fatto solo di docenti (quindi senza genitori e studenti) per confermare l’immissione in ruolo degli insegnanti appena assunti: potrebbero essere queste alcune delle novità proposte dai relatori del disegno di legge di riforma della scuola che approderà questa mattina alle 10.30 in commissione Istruzione al Senato.
É l’occasione — formalmente — per offrire una sponda di mediazione a quei 2.150 emendamenti, 500 subemendamenti e 94 ordini del giorno delle opposizioni. Ma, quando lunedì sera i relatori sono chiusi in camera caritatis a cercare la quadratura del cerchio e Corradino Mineo (minoranza pd) parla ancora di stralcio delle assunzioni — uno dei punti su cui il governo è stato irremovibile — appare chiaro che la partita, tranne colpi di scena dell’ultima ora, in realtà è chiusa. Il testo di compromesso che arriva stamattina sul tavolo della commissione sembra pronto a essere trasformato in un maxiemendamento, magari alleggerito delle deleghe, su cui il governo punta a mettere la fiducia in Aula entro giovedì o venerdì per blindare il ddl e approvarlo definitivamente in seconda lettura alla Camera nei primi giorni di luglio.
«La fiducia è uno strumento tecnico: dipenderà dalla risposta delle opposizioni», minimizza il ministro all’Istruzione Stefania Giannini. «Deciderà il Parlamento», chiosa il premier Matteo Renzi, ricordando però che «è evidente che se si farà la riforma ci saranno 100 mila assunzioni, se la riforma non la possiamo fare ci saranno quelle del turn over , con il vecchio sistema, quindi circa 20-22 mila». Una stima che non tiene conto dei posti vacanti, e che andrebbe rivista a 45 mila. Comunque poche rispetto a quelle «100 mila cattedre da salvare» che invoca il presidente della commissione Istruzione al Senato, Andrea Marcucci che infatti twitta: «Il Pd va avanti».
Perché sono proprio le assunzioni, uno dei punti più caldi su cui si lavora a oltranza nella speranza di trovare un accordo. Senza toccare il numero complessivo, quei 100.701 delle graduatorie a esaurimento, il Pd punta alle platee degli scontenti: anticipando a quest’anno le immissioni in ruolo degli idonei del concorso 2012, che entrerebbero scaglionati nel corso dell’anno, e dedicando il 50% dei nuovi posti del prossimo concorso ai precari di seconda e terza fascia con 36 mesi di servizio. Sempre nell’ottica di ridurre le resistenze, le assunzioni potrebbero essere approvate ora ma di fatto slittare — almeno per l’organico funzionale — a settembre 2016, rinviando così i problemi correlati. Ma sono ipotesi che lasciano l’amaro in bocca ai sindacati: «Stiamo ancora aspettando la convocazione», ironizza Francesco Scrima (Cisl). «L’impianto resta inaccettabile», dice Massimo Di Menna (Uil). E la Cgil minaccia: «Se il ddl passerà con la fiducia, a settembre sarà il caos — spiega Mimmo Pantaleo —. La riforma avrà vita dura in aule, consigli di istituto, tribunali».
Valentina Santarpia