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Scuola. Le modifiche di Matteo Renzi: per i presidi non più di due mandati nello stesso istituto

Dovendo rimanere non più di sei anni nella stessa scuola, il dirigente scolastico non avrebbe la possibilità di costruirsi un piccolo feudo di potere a vita nello stesso territorio, ma comunque spetterà a lui scegliere i precari da assumere pescandoli dall’albo territoriale

06/06/2015
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da Huffington Post

Presidi in servizio nella stessa scuola per non più di due mandati (sei anni) e valutazione di merito degli insegnanti da istituirsi solo in via sperimentale. Sono queste le modifiche alla ‘Buona scuola’ che Matteo Renzi sta formulando insieme ai suoi alla vigilia di una settimana che al Senato si annuncia caldissima.

Sono oltre duemila gli emendamenti che ‘affogano’ il ddl in commissione. I soli senatori di minoranza Pd ne hanno presentati 300. La riforma rischia di arenarsi, perché al Senato la maggioranza di governo è sempre più risicata. Forza Italia non sta producendo gruppi di sostegno al governo come si pensava nei circoli renziani prima delle regionali. E per di più il grosso dei ‘dialoganti’ della minoranza Dem, i 50 cosiddetti ‘responsabili’, sono parlamentari alla Camera e non a Palazzo Madama. Che fare? Renzi programma le modifiche alla sua ‘Buona scuola’, appunto. Nella speranza di addolcire l’opposizione interna al Pd e magari guadagnare qualche voto fuori dal perimetro della maggioranza. Soprattutto: per mettere in salvo la riforma più contestata del suo governo, mal digerita da un bel pezzo di elettorato Pd.

Nel piano del premier non dovrebbero esserci modifiche in materia di assunzioni dei precari. Insomma, quelli di seconda e terza fascia continuerebbero ad essere esclusi dal bacino dei docenti da assumere. Le risorse disponibili non consentono cambi in questo senso. Però Renzi a questo punto vuole rivedere il ruolo dei presidi, presentati all’inizio come ‘capi azienda’, poi ridimensionati nel passaggio del ddl alla Camera, dopo lo sciopero dei sindacati. Ora il loro ruolo verrebbe ulteriormente rivisto. L’idea è di fissare per legge un limite di permanenza del preside nello stesso istituto scolastico: non più di due mandati, cioè sei anni (tre più tre). Una scelta che punta ad accogliere le critiche sullo strapotere dei presidi. Dovendo rimanere non più di sei anni nella stessa scuola, il dirigente scolastico non avrebbe la possibilità di costruirsi un piccolo feudo di potere a vita nello stesso territorio, ma comunque spetterà a lui scegliere i precari da assumere pescandoli dall’albo territoriale.

L’altra modifica dovrebbe riguardare la valutazione di merito sui professori, che al momento il ddl assegna ad un comitato composto dal preside, il collegio dei docenti, genitori e studenti. E’ uno dei punti più contestati della ‘Buona scuola’: non piace ai sindacati, che perdono potere di contrattazione; non piace ai docenti, che temono ritorsioni. L’idea è di correggere, istituendo lo stesso meccanismo di valutazione ma in via sperimentale e non permanente. Stop.

Con queste modifiche, secondo i piani del premier, il testo dovrebbe passare le ‘forche caudine’ del Senato. Ma probabilmente in commissione servirà dell’altro. I suoi già pianificano subemendamenti che possano inglobare almeno una parte dei duemila emendamenti presentati dall’opposizione, per fare prima. Secondo i calcoli renziani, la commissione dovrebbe licenziare il testo alla fine della prossima settimana. A partire dal 15 giugno se ne occuperà l’aula. Il ddl dovrà quindi tornare alla Camera per l’approvazione definitiva, entro la fine del mese. Significa che la ‘Buona scuola’ vedrebbe la luce con due settimane di ritardo. Ma al Miur assicurano che i precari da assumere entreranno comunque in servizio già a settembre: la scadenza del 15 giugno – da sempre indicata anche a Palazzo Chigi come la data ultima entro cui approvare il testo per consentire ai precari di entrare in servizio dal prossimo anno scolastico – non è tassativa, ma indicativa


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Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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