Scuola, Renzi mette la fiducia
Il presidente del Consiglio ha deciso. La conferenza annunciata per luglio è già dimenticata. La scelta comunicata ai senatori in un vertice a palazzo Chigi. Ma senza il soccorso di Verdini il premier rischia di non avere i numeri
Qualcuno si ricorda la Conferenza sulla scuola annunciata dal premier per i primi di luglio dal solenne salotto di Vespa? Quella in cui tutti i soggetti sociali coinvolti nella riforma avrebbero dovuto dire la loro, in modo che il governo potesse ascoltare, intervenire «poi però decidere»? Farà bene a dimenticarsene. Il capo ha cambiato idea. Si va alla carica, e non c’è nessuno da ascoltare
Ieri, a sorpresa, Renzi ha convocato a palazzo Chigi i parlamentari Pd che siedono in commissione Cultura, quelli obbedienti naturalmente, perché Tocci e Mineo, che pure sono del Pd, non risulta fossero invitati. Con loro, con le ministre Boschi e Giannini, con i capigruppo Rosato e Zanda, il generale ha fatto rapidamente il punto, poi ha ordinato di suonare il Deguello, come si fa quando ci si lancia all’attacco senza tregua.
Martedì i relatori presenteranno in commissione le loro nuove proposte. Non sarà però un maxiemendamento, come incautamente qualcuno afferma, perché Renzi non ha nessunissima intenzione di votare su nulla in quella commissione, dove non dispone di una maggioranza. I relatori si limiteranno a chiedere se l’M5S e Sel sono disposti a ritirare i loro emendamenti a fronte di tanta novità. Nessuno accetterà e a quel punto il presidente Marcucci opterà per passare direttamente all’aula senza voto in commissione e senza relatore, cioè con se stesso, soldatino renziano di provata affidabilità, in veste di relatore. Le nuove proposte, in tutto o in parte, verranno trascritte in un emendamento del governo sul quale, chi l’avrebbe mai detto, verrà chiesta già venerdì prossimo la fiducia. Ma non perché il capo abbia qualche paura di essere sconfitto dal democratico Parlamento: Honni Soit Qui Mal-y-Pense! Solo per far presto e riuscire ad assumere quei 100mila precari che, nelle mani del fiorentino di palazzo Chigi, passano continuamente dalla parte ingrata degli ostaggi a quella dell’alibi.
Non che la decisione sia già ufficiale. Ipocrisia impone che si parli ancora di un’ipotesi «per impedire l’ostruzionismo», giura ineffabile il nuovo capo dei deputati Rosato. Chiacchiere per gonzi. La fiducia è certa. Verrà ridiscussa solo se Renzi avrà paura di non farcela. Possibilità che secondo Mineo esiste: «Tutto ha un limite. Si sta compiendo un atto di imperio. Spero che il governo non si spinga sino a quel punto perché rischia di non avere i numeri, senza il soccorso di Verdini».
Gioco più sporco sarebbe difficile immaginarselo. La reazione della segretaria della Cgil Susanna Camusso è immediata e indignata: «E’ una gigantesca presa in giro, sempre più insopportabile». La vice di Renzi Deborah Serracchiani replica in schietto stile «finta tonta»: «Siamo sbigottiti. Mai visto un sindacato che si lamenta mentre si stabilizzano così tanti lavoratori». Per la verità non è solo la Cgil a lasciare sbigottita la Serracchiani. Tutto il mondo della scuola protesta, senza che quelle voci arrivino all’orecchio del governante.
Altrettanto dure le reazioni delle opposizioni. Nessuno intende arretrare. Nessuno ritirerà gli emendamenti. «Non ci piegheremo al ricatto», replica a botta calda l’M5S. Le senatrici di Sel De Petris e Petraglia parlano di «arroganza e prepotenza». Come il coordinatore Fratoianni e il capo dei deputati Scotto, chiedono lo stralcio e un decreto per assumere subito i 100mila precari e garantire la stabilizzazione di tutti gli altri con un piano pluriennale. Proposta quasi identica aveva avanzato giorni fa Tocci. E’ ciò che qualsiasi governo fosse davvero interessato alla sorte dei precari e non volesse usarli solo come scudi umani farebbe. Non è il caso di Renzi.
Di prezzi Renzi prevede di pagarne pochi. Racconterà di averlo fatto solo per assumere i precari, ed è convinto che nel Pd, come al solito, anche la minoranza ingoierà tutto. Probabilmente non ha torto. «E’ un grave errore politico e democratico approvare un testo senza la condivisione della quasi totalità del mondo della scuola. Ma la partita non finirà con la fiducia. Si attiveranno tutti gli strumenti per correggere una riforma sbagliata», commenta Fassina. Renzi non ci perderà il sonno.