Il «pacchetto scuola» arriverà oggi, martedì 3 marzo, in consiglio dei ministri solo a metà. Il Premier Matteo Renzi ha, infatti, annunciato in serata che domani il Governo varerà solo un ddl - chiedendone l’approvazione in tempi certi - e non più anche l’annunciato decreto. Perché - ha spiegato al suo entourage - l’esecutivo vuole dare un messaggio al Parlamento e coinvolgere le opposizioni nello spirito delle dichiarazioni del presidente della Repubblica.
Nel disegno di legge, fino a stasera, era previsto che finissero la riforma dell’infanzia (un unico percorso educativo da 0 a 6 anni), interventi legati alla disabilità e al «sostegno», un testo unico nuovo in materia di normativa scolastica, misure per il diritto allo studio.
Era atteso ed annunciato un decreto legge per la parte più sostanziosa degli interventi. Non è da escludere che parte di questi vengano riproposti nel ddl che sarà varato sempre domani, martedì 3 marzo. Di certo, con i tempi di un ddl, le assunzioni promesse per settembre prossimo potranno concretizzarsi. Nel decreto legge, infatti, secondo quanto era atteso, avrebbe dovuto confluire innanzitutto il pacchetto di assunzioni, uno dei pilastri degli interventi studiati per migliorare il sistema d’istruzione nel nostro Paese.
Previsti 180.000 «ingressi» (considerando però anche circa 60.000 posti dell’annunciato concorso per insegnanti) pescando dalle graduatorie a esaurimento, dagli idonei e vincitori dell’ultimo concorso pubblico (quello del 2012) e, per consentire una coincidenza tra fabbisogni e organici (ci sono materie, come matematica e fisica, in cui scarseggiano prof e discipline che si è deciso di potenziare) anche attingendo dalle graduatorie di istituto (offrendo a questa categoria di precari primaun contratto a termine per un altro anno e poi una sorta di «corsia preferenziale» per il concorso che verrà bandito a ottobre).
A questo plotone di docenti si prevedeva di aggiungere i supplenti che hanno più di 36 mesi su posto vacante, come conseguenza del recepimento della sentenza della Corte di Giustizia europea. Per loro - poche migliaia secondo l’interpretazione del Miur, decisamente più restrittiva rispetto a quella sindacale - si pensava a un indennizzo, anche nell’intento di evitare ulteriori contenziosi.
Altro capitolo entrato «in corsa» quello delle scuole paritarie, accompagnato da non poche polemiche. L’idea era quella di proporre una detrazione fiscale per le famiglie che iscrivono i propri figli alle paritarie. Sempre nel decreto legge anche la carriera dei docenti (con gli aumenti stipendiali per il 70% legati al merito e per il restante 30% all’anzianità di servizio), il rafforzamento di alcune materie come musica, arte, lingue straniere, il rafforzamento della scuola-lavoro