la Repubblica
Maria Novella De Luca
Vacanze troppo lunghe, no, troppo concentrate, ragazzi che si trastullano nell’ozio, no, campi di lavoro, istituti aperti anche a Ferragosto, no, frazionare il riposo lungo tutto l’anno. Il tormentone delle ferie scolastiche irrompe anche nella “buona scuola”. Proprio nel giorno in cui il premier Renzi afferma che «sul modello educativo» si giocano le chance di un paese che ambisce a diventare «una superpotenza mondiale». Questa volta a rilanciare (l’annosa) questione contro i tre mesi di vacanza della scuola made in Italy, è stato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Secondo il quale trenta giorni di riposo sarebbero più che sufficienti. E gli altri trenta potrebbero essere spesi «a fare formazione». O magari a trovarsi un’occupazione stagionale. «I miei figli, d’estate, sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse», ha raccontato Poletti, convinto che durante le vacanze, per un ragazzino sarebbe assai più utile «fare quattro ore di lavoro, invece di stare a spasso per le strade della città». Magari ad oziare pericolosamente....
Ma esattamente come accade ormai da circa vent’anni, le parole del ministro del Lavoro hanno raccolto sia consensi che ironie e critiche. Pur toccando un punto fondamentale: oggi per le famiglie gestire tre mesi di scuole chiuse, tra occupazioni atipiche e ferie a spezzatino dei genitori, è diventato un problema capitale. (In Europa le nostre ferie scolastiche sono simili a quella di Spagna e Finlandia, mentre in Germania, in Inghilterra e in Francia sono frazionate durante l’anno). In un gioco di incastri tra centri estivi, oratori, vacanze studio e nonni reclutati a tempo pieno. Con le città affollate anche in piena estate, visto che le vacanze sono ormai un bene si accorcia ogni anno di più.
Ad attaccare frontalmente il ministro sono prima di tutto gli studenti, che definiscono “allucinanti” e “deliranti” le parole di Poletti. «Sembra voler invitare i giovani a lavorare d’estate, sottopagati, e senza tutele, preferendo lo sfruttamento alla formazione», dice Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti. Ricordando, comunque, che la gran parte dei giovani, già si industria, e spesso al nero, per pagarsi gli studi. La Cgil non nasconde il timore che il responsabile del Lavoro, attraverso i decreti attuativi del Jobs Act, stia facendo «una riforma dell’apprendistato che dequalifica «i percorsi formativi» durante la scuola dell’obbligo. E mentre il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, rende noto che “l’alternanza con il lavoro” è stata oggetto di analisi anche nel disegno di legge sulla scuola, a mostrare tutto il loro scetticismo sono invece i presidi. Dice Giannini: «Fare esperienza di lavoro è utile non solo per diminuire la dispersione, ma anche per orientare le scelte di chi andrà all’università».
I presidi, dicevamo, hanno invece colto l’occasione per rilanciare una delle loro battaglie. «Da anni, più o meno dai primi anni ‘90, chiediamo che ci siano piani intelligenti per l’utilizzo della risorsa “scuola” durante l’estate» spiega Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi. «L’idea di utilizzare i locali durante le vacanze per corsi di sostegno e recupero, per la formazione — osserva Rusconi — ci trova senz’altro d’accordo. Mi permetto di far notare, tuttavia, che Poletti è l’ennesimo ministro che si pronuncia sulla questione. Finora, però, alle parole non hanno fatto seguito i fatti. E la scuola ne ha abbastanza di effetti- annuncio».