Puglia: la giunta regionale vara gli indirizzi sul dimensionamento scolastico: meno 58 scuole, tutte nel primo ciclo
Le aree coinvolte e la posizione della FLC CGIL Puglia.
A cura della FLC CGIL Puglia
La Giunta regionale ha varato nel corso della seduta di martedì 8 agosto le “Linee di indirizzo per il dimensionamento scolastico per l’a.s. 2024/2025”. Si tratta della logica conseguenza delle nuove norme introdotte su questo punto dalla legge di stabilità dello scorso dicembre e dal successivo Decreto del Ministero dell’Istruzione e del MEF, adottato in assenza di accordo nella Conferenza Stato-Regioni. L’atto impone in tutta Italia una media di alunni per scuola di 961 e la Puglia, che è distante da questo “numero magico”, deve obbligatoriamente operare un taglio di 58 istituzioni scolastiche che la porti dalle attuali 627 alle 569 per le quali dal 1° settembre 2024 il Ministero dell’Istruzione garantirà un Dirigente Scolastico e un Direttore Amministrativo (DSGA).
I criteri del taglio
La Regione Puglia con questo atto ha fissato dunque non l’obiettivo, imposto dal Governo centrale, del numero di scuole da ridurre – e che dovrà ridurre ancora nei prossimi anni scolastici fino a 557 scuole nel 2026/2027, ovvero 70 in meno rispetto alle attuali – ma ha i criteri con cui operare la riduzione dei presìdi scolastici nel territorio pugliese.
Non verranno toccate le scuole superiori (la media regionale di iscritti si aggira sui 930 alunni, molto vicina al “numero magico” ministeriale), quindi le scuole tagliate saranno tutte nel primo ciclo: i circoli didattici, le scuole medie e gli istituti comprensivi che raggruppano dall’infanzia alle medie. Una deroga è prevista per quei comuni che hanno un’unica scuola, per quelli che hanno almeno una scuola con plessi in altri comuni o in un comune di montagna e quelle speciali, ad esempio gli onnicomprensivi (che raggruppano dall’infanzia alle superiori) e i CPIA (scuole per adulti). Tutti i comuni con più scuole del primo ciclo, senza alcuna istituzione scolastica intercomunale, e una media inferiore a 925 alunni dovranno presentare una proposta di accorpamento delle proprie scuole.
I territori interessati
La riduzione, secondo le nostre ipotesi, dunque, potrà toccare circa 60 comuni della Puglia che rispondono a questi criteri di “riduzione del danno” individuati dall’amministrazione regionale.
Ipotesi comuni in cui ridurre le scuole del primo ciclo
Province |
Numero comuni |
Bari |
20 |
Bat |
6 |
Brindisi |
6 |
Foggia |
8 |
Lecce |
10 |
Taranto |
10 |
Non potranno essere risparmiati probabilmente nemmeno i comuni capoluogo di provincia come Lecce con una media di 792 alunni per scuole del primo ciclo, Foggia con 760, Trani con 821 e Andria con 919. Potrebbero non essere toccati dal dimensionamento forzoso Bari con 940 alunni, Taranto con 1010, Brindisi con 924 e Barletta a 999.
L’iter decisionale e i tempi
Con la delibera di Giunta regionale viene avviato l’iter decisionale che porterà a una fase prevedibilmente convulsa di discussione e confronto tra istituzioni scolastiche ed enti locali. Dopotutto l’accorpamento dei plessi scolastici non è affatto uno scherzo! Le proposte dei comuni dovranno essere adottate obbligatoriamente entro il 30 settembre, per proseguire con la decisione di province e città metropolitane (sulle scuole superiori) entro il 20 ottobre, il parere dell’Ufficio Scolastico Regionale entro il 10 novembre e la delibera finale della Giunta regionale che andrà adottata entro il 30 novembre.
La valutazione e le iniziative della FLC CGIL
Proprio la decisione finale della Regione sul piano di dimensionamento avverrà, se il cronoprogramma verrà rispettato, 10 giorni dopo l’udienza fissata in Corte Costituzionale proprio sull’impugnativa operata dalla Regione Puglia della norma della Legge di stabilità e richiesta dalla FLC CGIL in tutte le sedi. Ci auguriamo ovviamente che il provvedimento legislativo sia cassato dalla Consulta, ma crediamo che non ci si possa limitare ad attenderne la pronuncia. Abbiamo protestato fin da subito contro questo provvedimento che non produce risparmi significativi per la spesa pubblica, ma complica enormemente e inutilmente la vita di studenti, famiglie e lavoratori, partendo proprio dall’aumento di carichi di lavoro e responsabilità di dirigenti scolastici e DSGA. Non è un atto richiesto dal PNRR, dato che l’obiettivo è eliminare le reggenze (chiaramente condivisibile), non eliminare le scuole. Provoca complicazioni gestionali rilevanti con un incremento notevole degli alunni per scuola, intervenendo a danno del segmento scolastico più delicato per la vita di bambini e studenti. Riduce gli organici del personale ATA (ausiliario, tecnico e amministrativo). Comporta, di fatto, una mutazione forse definitiva del ruolo della dirigenza scolastica sganciandola dal coordinamento didattico e dalla relazione con studenti, famiglie e personale. Rende ancora più articolato e ostico il funzionamento degli organi democratici della scuola, quelli tecnico-didattici (si pensi a collegi dei docenti di scuole del primo ciclo composti da 200 o più insegnanti) e dei consigli d’istituto (rappresentare e decidere per una scuola di 1500 o di 700 studenti non è proprio equivalente). Il provvedimento legislativo ci pare dunque un intervento ideologico teso ad affermare la fungibilità della gestione della scuola - evidentemente considerata al pari di una qualsiasi altra pubblica amministrazione, priva di specificità - da poter governare più efficacemente con direttive centralizzate e più facilmente eseguite da un corpo più snello di dirigenti scolastici, DSGA e un middle management di cui evidentemente con queste dimensioni si proverà a dimostrare necessità e opportunità.
La FLC CGIL non solo nei prossimi giorni depositerà l’impugnazione amministrativa del Decreto interministeriale al TAR Lazio per tentare di bloccare la riforma, ma sarà presente in ogni territorio comunale per affermare la tossicità di questo dimensionamento forzoso, coinvolgendo tutte le comunità locali interessate e farne motivo ulteriore di partecipazione alla grande mobilitazione che la CGIL terrà a Roma il 7 ottobre contro l’autonomia differenziata e le politiche del Governo nel settore dell’istruzione.