INAPP: perché non si procede con le stabilizzazioni?
Il punto della FLC CGIL sulle stabilizzazioni, sul comportamento dell’INAPP e sull’articolo 28.
Il 9 marzo 2018 è prevista l’udienza per la trattazione del ricorso ex-art. 28 dello Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970) per condotta antisindacale, promosso dalla FLC CGIL nei confronti dei vertici dell’INAPP. Nonostante tante parole, l’unico atto concreto di contrasto alla mala gestio di questa amministrazione.
Sull’argomento purtroppo girano numerose menzogne e semplificazioni strumentali sull’azione della FLC CGIL, circa i contraccolpi su alcuni lavoratori che tale ricorso potrebbe determinare. Ricordiamo che il ricorso allo strumento dell’art. 28 rappresenta l’extrema ratio a cui il sindacato ricorre per la tutela dei lavoratori. Tale azione si è resa necessaria dopo avere esperito, invano, tutti i tentativi utili di interlocuzione con i vertici, in primis sul tema delle stabilizzazioni, sul quale l’amministrazione sta procedendo in maniera unilaterale, nascondendo dietro tecnicismi giuridici la mancata assunzione di decisioni coraggiose, rallentando il processo di stabilizzazione, che altrove è stato sostenuto e accelerato. Pertanto le ragioni del ricorso vanno attribuite tutte all’incomprensibile “sordità” mostrata dall’Ente nella vicenda e vanno demistificati con forza i tentativi di strumentalizzazione dell’azione della FLC CGIL, da sempre impegnata nella tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, nonché della salvaguardia dei livelli occupazionali.
Tuttavia, apprendiamo dalla comunicazione dell’INAPP di ieri, la richiesta di chiarimenti del Direttore Generale indirizzata al Dip. Della Funzione Pubblica, al MEF e per conoscenza al MLPS, su alcuni quesiti tecnici riguardanti le modalità con cui si dovrà procedere alle stabilizzazioni.
Riteniamo che sarebbe stato più utile:
- rispondere alle numerose richieste che sono pervenute dalle Organizzazioni Sindacali per l’apertura di un tavolo di confronto sul tema, come previsto e raccomandato dalla stessa Circolare n. 3/2017 del Dip. della Funzione Pubblica, soprattutto alla luce della importante novità costituita dal comma 811 dell’art. 1 della legge di bilancio 2018, n. 205/2017, con cui sono stati destinati, nel triennio 2018-2020, 9 mln di euro all’ente per le stabilizzazioni;
- utilizzare 1 milione di euro di fondi istituzionali per supportare al meglio le stabilizzazioni, anziché formare nuovo precariato (leggi assegni di ricerca);
- che, a prescindere dal piano di fabbisogno presentato nel mese di ottobre 2017 e approvato dal ministero vigilante il 7/12, si fosse aperto un tavolo di confronto, invece di procedere in maniera unilaterale.
Invece nulla di tutto ciò, l’amministrazione continua a procedere senza alcun rispetto delle prerogative sindacali e solo incidentalmente ci mette al corrente di quanto sta maturando, peraltro su questioni secondarie rispetto al tema centrale.
La FLC CGIL conferma la necessità del confronto, nella convinzione che non occorra nessuna autorizzazione preventiva da parte di soggetti terzi per procedere alle stabilizzazioni in maniera più efficace e in tempi più stringenti! Come accaduto all’ANPAL, come avverrà al CREA e in altri istituti, soprattutto nelle amministrazioni destinatarie di risorse specifiche previste in legge di bilancio da destinare alle stabilizzazioni di tutti i precari. Mentre all’INAPP siamo ancora ai quesiti tecnico-giuridici, ieri i lavoratori precari dell’ANPAL di provenienza ex-Isfol sono stati stabilizzati in blocco alle migliori condizioni possibili, con il riconoscimento dell’anzianità maturata e in continuità contrattuale. Meglio di così non si poteva procedere!
Alla luce dello stanziamento di risorse per stabilizzare tutti i nostri precari, l’amministrazione INAPP che, fino a qualche mese fa (comunicato stampa del 2 novembre 2017) definiva i suoi dipendenti a tempo determinato “figliastri” rispetto a quelli dell’ANPAL, oggi li rende tali.
Anche in questo caso, in assenza di riscontro e di nessuna apertura al confronto sulla materia, per FLC CGIL l’azione giurisdizionale per condotta antisindacale resta al momento lo strumento per spingere l’amministrazione ad un cambio di rotta.