Cambiamo il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici

Home » Scuola » Personale ATA » ATA e merito. Non ci sono le condizioni per la valutazione

ATA e merito. Non ci sono le condizioni per la valutazione

In assenza di un quadro contrattuale e normativo chiaro la premialità di Brunetta resta al palo

03/02/2011
Decrease text size Increase  text size

Gli articoli 9 e 10 del decreto legislativo Brunetta (n. 150/2009) prevedono che debba darsi attuazione al sistema di misurazione della performance ispirati al nuovo sistema di valutazione tra cui, in particolare, la “selettività e differenziazione”.

Si tratta di principi che, nel caso del personale ATA, sono inapplicabili almeno fino a quando non ci sarà un quadro normativo e contrattuale chiaro che tenga conto della specificità del settore scuola con risorse dedicate.

Vediamo perché

L’art. 74 prevede l’emanazione di un DPCM per definire i limiti e le modalità di applicazione ai docenti, ai ricercatori e ai tecnologi di merito e premi. Nella scuola non si costituisce l’organismo di valutazione di scuola,  mentre premi e valutazione si applicano al personale amministrativo, tecnico e ausiliario. Almeno questo è quanto sembra voler sostenere il decreto in questione. Ma proprio su questo punto si aprono molte problematicità e contraddizioni. Chi valuta la prestazione lavorativa degli ATA e con quali soldi si premiano, tenuto conto che il fondo di istituto è unico? Stiamo parlando di circa 238.000 lavoratori e di oltre 42.000 punti di erogazione del servizio. Pertanto la stessa valutazione degli ATA qualche problema in più lo pone per il fatto che nella scuola c’è un responsabile del personale, il DSGA, che è diverso dal dirigente, il quale non ha poteri sostitutivi del direttore. Quindi il dirigente in questo caso è responsabile degli obiettivi della performance, sulla base dei quali dovrebbe effettuare la valutazione, ma non ha la gestione diretta del personale. Una specifica problematicità che non è considerata all’interno del decreto e che invece, a nostro parere, non può essere trascurata.

Inoltre, secondo l’art. 5, gli obiettivi del ciclo di gestione della performance sono programmati su base triennale e definiti prima del rispettivo esercizio finanziario dagli organi di indirizzo politico amministrativo. Il loro conseguimento costituisce condizione per l’erogazione degli incentivi previsti dalla contrattazione integrativa. Si tratta di una misura che comporta la definizione di risorse certe e non riducibili per almeno un triennio. Questa certezza non esiste più da anni nella scuola in conseguenza dei tagli, violenti, agli organici di personale. Inoltre per il raggiungimento degli obiettivi di performance alcune peculiarità del comparto scuola impediscono di per sé una programmazione triennale:

  • le pesanti riorganizzazioni introdotte dai regolamenti del Ministro Gelmini costringono migliaia di docenti e ATA, perdenti posto, a spostarsi continuamente
  • il contesto disagiato in cui si collocano moltissime scuole
  • l’alto numero di personale precario
  • la programmazione delle attività didattica e della spesa, in relazione al Piano dell’offerta formativa, che ha come riferimento l’anno scolastico, mentre  nell’articolo 5 si riconduce la programmazione triennale agli strumenti di programmazione della spesa per esercizio finanziario.

Inoltre, l’articolo 12 prevede quali sono i soggetti responsabili del processo di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale delle amministrazioni pubbliche. In tutto quattro soggetti: i due organismi, quello centrale (art. 13) e quelli indipendenti  (art. 14) della singola amministrazione, i dirigenti di ciascuna amministrazione e l’organo di indirizzo politico. Nel caso della scuola il Decreto non ipotizza un organismo diverso tanto meno non è pensabile la costituzione di un organismo nazionale e di indirizzo politico per circa 10.480 scuole. A meno che per l’organismo politico non si intenda lo stesso Ministro.

E’ evidente che l’applicazione di queste norme si scontra in primo luogo con la peculiarità della prestazione lavorativa svolta dal personale ATA nella scuola oltre che con caratteristiche relative all’organizzazione del lavoro che comportano una necessaria integrazione con la docenza e la dirigenza.

Inoltre, nella scuola, i fondi attributi dal Ccnl in vigore per la contrattazione integrativa di istituto sono finalizzati alla retribuzione delle prestazioni effettivamente svolte e, pertanto, sono indistinti tra docenti e ATA. Ciò vuol dire che si rende quantomeno necessario il rinnovo contrattuale per finalizzare quote di salario accessorio all’applicazione delle norme Brunetta su la “selettività e differenziazione”.

Nelle condizioni in cui sono le segreterie ed in considerazione che per gli ATA, tutti, sta per arrivare un ulteriore taglio di oltre 14. 000 posti, introdurre alcune norme del Brunetta (tipo le fasce in cui dividere per i compensi) significa creare una logica che è contraria al lavoro di gruppo, e alla collaborazione, indispensabile invece per far funzionare i servizi, specialmente in queste condizioni.

Abbiamo dichiarato da subito la nostra contrarietà  all’applicazione di questo provvedimento nei settori della conoscenza, continueremo a batterci in tutte le sedi per contrastarla poiché riteniamo che allo stato attuale non esistano le condizioni di praticabilità previsti dalla norma come abbiamo sostenuto durante l’ultimo incontro con il Miur in cui abbiamo chiesto il ritiro della nota dell’USR Veneto che sulla contrattazione di scuola cerca di sostenere una linea diversa da quella indicata dallo stesso Miur con la circolare del 23 settembre 2010.