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Dimensionamento rete scolastica: un'intesa (a perdere) tra Governo-Regioni-Enti Locali

Dal testo dell'Intesa si comprende che a guidare gli atti istituzionali sarà unicamente il criterio numerico che guarda solo al risparmio. Un MIUR in funzione di postino, incurante delle relazioni sindacali. Continua la nostra battaglia per aprire un tavolo di concertazione sul dimensionamento.

15/10/2012
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Governo-Regioni ed Enti Locali hanno sottoscritto un'intesa sul dimensionamento della rete scolastica a partire dall'anno scolastico 2013-2014 che presenta molti assai discutibili aspetti.

Il testo dell'Intesa non è stato oggetto di relazioni sindacali, ma ci è stato semplicemente consegnato dal MIUR (come fanno i postini) durante l'incontro sull'Area V (dirigenza scolastica) dell'11 ottobre 2012. Un fatto molto grave e irriguardoso delle relazioni sindacali se si considera che lo stesso MIUR non si è presentato all'incontro di lunedì scorso sul dimensionamento con i sindacati scuola.

La logica del numero

È quella che ancora una volta prevale. È la più rassicurante per una amministrazione burocratica della questione ma è la meno indicata per salvaguardare la qualità della scuola pubblica.
Innanzitutto il numero delle scuole autonome: esso scaturisce dal divisore 900 (numero di alunni per istituto scolastico) scelto per calcolare quanti dirigenti scolastici debbono poi essere assegnati alle singole Regioni. È un numero del tutto arbitrario, scaturito peraltro da un dibattito al Senato all'indomani della bocciatura della legge da parte della Corte Costituzionale (Sentenza 147), basato su numeri del tutto imprecisi. Il fatto è che quest'anno nel Paese vi sono 9.135 scuole e con quel divisore diventano 8.894 che in realtà sono 8.787 se non si calcolano i 107 CPIA di nuova istituzione.
Di nuovo la scuola è chiamata a pagare, nonostante per il corrente anno scolastico si sia operato di già un taglio di 1.078 scuole. Ma altro non vi è da tagliare anche perché meno dirigenti scolastici e più megascuole malamente assortite per fare cassa vogliono semplicemente dire meno qualità dell'offerta formativa e meno qualità del territorio.
La nostra idea è: non una scuola di meno rispetto all'anno scolastico corrente.

Ignorate alcune importanti specificità delle scuole

In secondo luogo è del tutto ignorata la questione degli Istituti siti in piccole isole, in comunità montane e in aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche: sembrerebbe che tali specificità non esistano più. Ma non può essere così perché deve comunque rimanere un criterio che si faccia carico del fatto che esistono difficoltà, in alcuni territori, dell'organizzazione del servizio scolastico per le caratteristiche di quei territori.

È mancata la chiarezza

In terzo luogo andava fatta chiarezza sul fatto che ormai la cogenza di istituire Istituti comprensivi non esiste più anche per evitare il mantenimento di istituzioni "monstres" quali si sono costituiti con provvedimenti rivelatisi incostituzionali.

Criteri  per la determinazione della costituzione degli istituti

In quarto luogo se si comprende l'impegno da parte del Governo di abolire il comma 5 dell'art. 19 della legge 111/2011 sulle scuole sottodimensionate che non hanno ragione di esistere, è invece non auspicabile l'analogo impegno ad abolire l'art. 2 del DPR 233/98 se non altro per la parte riguardante i criteri, tuttora validi, per la determinazione della costituzione degli istituti (densità abitativa, conformazione orografica, dispersione scolastica e presenza di criminalità ecc.). Non sarebbe stato, del resto, per nulla incongruo richiamare un altro criterio, oltre all'unico ricordato nel testo riferito alla densità abitativa, e cioè la costituzione di Istituti che non abbiano una infinità di comuni cui afferiscono per l'alto numero di sedi.
Del tutto oscuro risulta poi l'impegno del Governo "a definire, in coerenza con la presente intesa, i criteri di assegnazione per i DSGA".

A questo proposito, secondo alcune anticipazioni in nostro possesso, nella prossima legge di stabilità sarebbe previsto che "a decorrere dall'anno scolastico 2013/2014 i criteri per l'individuazione delle istituzioni scolastiche ed educative sede di dirigenza scolastica e di direttore dei servizi generali ed amministrativi sono definiti con accordo tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le Regioni in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, fermi restando gli obiettivi finanziari di cui ai commi 5 e 5-bis come modificati dalla legge n. 183 del 2011".

Previsione del tutto ragionevole e auto evidente, dal momento che il criterio è e deve essere uno solo su questo aspetto: "per ogni scuola un dirigente e un direttore".

Grave è poi la mancanza totale di un cenno alle modalità di conduzione delle operazioni di dimensionamento che non possono prescindere da due condizioni: che le scuole siano consultate con modalità di coinvolgimento reale di tutte le componenti e non solo della dirigenza e che vi sia regione per regione una cabina di regia che eviti operazioni basate sui rapporti di forza fra territori "forti" e territori negletti, come è accaduto l'anno passato.
Ma questo, come appare evidente, è il frutto di una cultura che continua a considerare la scuola un soggetto passivo su cui poteri istituzionali presuntivamente "sovraordinati" scaricano le decisioni prese nel chiuso di una stanza.

La FLC CGIL ha un'idea alternativa e proposte concrete sul dimensionamento della rete scolastica, in grado di offrire agli alunni un'istruzione di qualità. Qui, il nostro documento.