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Riordino dell’istruzione professionale e storia: una dimenticanza non casuale

Tra i risultati di apprendimento al termine dei percorsi di studio, la “Storia” è stata semplicemente omessa.

15/10/2018
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In questi giorni si susseguono le polemiche innescate dalla decisione del Ministro dell’Istruzione Bussetti di eliminare la traccia di storia fra i temi proposti nella prima prova scritta dell’esame di Stato al termine della scuola secondaria di II grado.

Si tratta di una scelta assai pericolosa che è assolutamente coerente con quanto avvenuto nei recenti riordini della secondaria di II grado, tutti all’insegna di tagli di risorse umane e finanziarie e/o a una visione funzionalistica del sistema educativo al mercato del lavoro.

Come abbiamo più volte denunciato, l’ennesimo riordino dell’istruzione professionale previsto dalla legge 107/15, è fortemente influenzato da quello che era un orientamento prevalente fino a pochissimo tempo fa secondo cui il sistema educativo dovrebbe “produrre” diplomati (o laureati) che, alla conclusione degli studi, posseggano competenze immediatamente spendibili nel mercato del lavoro (“job-ready skills”). In questa prospettiva la finalità dell’istruzione sarebbe quella di formare, in primo luogo, futuri lavoratori pienamente produttivi fin dal primo giorno di lavoro. In altre parole si conferma l’idea di percorsi dell’istruzione professionale a “vicolo cieco” in cui l’unica reale finalizzazione è quella di “una facile transizione nel mondo del lavoro e delle professioni”. Per la FLC CGIL si tratta di opzioni non solo sbagliate e obsolete, ma che canalizzano precocemente gli studenti contribuendo in maniera decisiva all’abbassamento dei livelli di istruzione in quanto antepongono e contrappongono l’elevamento dei livelli di occupabilità all’elevamento dei livelli di istruzione.

Nel contesto sopra descritto lo studio della “Storia” ha poco senso. Infatti nonostante essa sia formalmente presente nei piani di studi (con una riduzione oraria nel primo biennio), ecco che nell’ambito dei risultati apprendimento di carattere generale al termine del quinquennio (Allegato A al Decreto Legislativo 61/17), le competenze storiche sono semplicemente omesse. E questo è avvenuto nonostante la FLC CGIL lo abbia segnalato formalmente fin dall’inizio come uno dei più gravi vulnus del riordino.

Invece che la “Storia” il riordino dell’istruzione professionale fa una serie di prescrizioni “ortopediche” di pratiche da adottare, rendicontare e diffondere, che svuotano di utopia e speranza la prassi educativa, rimpicciolita su un eterno presente, perennemente indaffarata nell’impiego di tecniche, metodi, strumenti finalizzati alla realizzazione di attività, prodotti, manufatti, “compiti reali”.

Tutto questo avviene nello stesso tempo in cui abbiamo assistito ad una sottovalutazione della ricorrenza degli ottant’anni delle leggi razziali imposte dal fascismo e mentre i rigurgiti xenofobi e neofascisti stanno diventando sempre più pericolosi perché alimentati da un “razzismo istituzionale” voluto da autorevoli rappresentati dello Stato talvolta sorretto da prassi amministrative arbitrarie.

Studiare la “Storia”, sviluppare il “senso storico” in ciascun cittadino rappresentano il più forte antidoto contro le derive securitarie che stiamo vivendo perché consentono “di legare la memoria al presente, nella necessità di immaginare e costruire il nostro futuro”.

Una cosa è certa: la FLC CGIL continuerà senza tentennamenti la battaglia per un sistema educativo davvero inclusivo e che fornisca a tutte e tutti gli strumenti per fare scelte di vita con consapevolezza e autonomia.

Nonno, cos'è il sindacato?

Presentazione del libro il 5 novembre
al Centro Binaria di Torino, ore 18.

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