Titoli di abilitazione conseguiti all’estero: la sentenza del Consiglio di Stato afferma che il Ministero dovrà valutare la riconoscibilità caso per caso
La possibilità di rigettare tali titoli in toto non è corretta e andranno valutati caso per caso.
Il Consiglio di Stato, riunito in Adunanza Plenaria, ha depositato lo scorso 29 dicembre 2022 una sentenza che riguarda il tema della riconoscibilità del valore abilitante di titoli conseguiti da italiani in Romania ai fini dell’insegnamento nel nostro Paese.
Questa pronuncia arriva a seguito di un complesso iter vertenziale che nasce dal fenomeno di laureati italiani che pagano percorsi che consentono di acquisire titoli che all’estero danno valore abilitante, con l’obiettivo di poter spendere questi titoli in Italia.
Il principio obbedisce alle previsioni contenute nella Direttiva 2005/36/CE che riguarda il riconoscimento delle qualifiche professionali nei Paesi membri, che è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 206 del 2007.
La sentenza dell’Adunanza Plenaria, cosa prevede
Il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, afferma che il Ministero dell’Istruzione e Merito dovrà esaminare singolarmente le istanze di riconoscimento e valutare l’equipollenza dell’attestato di formazione conseguito all’estero, disponendo eventuali opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE.
Il Ministero non potrà quindi rigettare “massivamente” le richieste di riconoscimento di titoli conseguiti in Paesi come la Romania, come sinora ha tentato di fare, ma dovrà verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE.
Abilitazioni estere: perché gli italiani ricorrono a questa procedura
Il fenomeno ha assunto dimensioni importanti in quanto Italia dal 2013 i corsi abilitanti sono stati bloccati:
- Dopo 9 cicli, dal 2000 al 2009, le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario sono state abolite nel 2008 dalla Ministra Gelmini. Al loro posto è stato introdotto il Tirocinio Formativo Attivo, che ha visto 2 cicli: 2012/2013 e 2014/2015. Nel 2013 è stato avviato un Percorso Abilitante Speciale, con cui circa 40 mila docenti precari hanno potuto accedere alla formazione abilitante. Da allora non ci sono stati altri cicli di TFA.
- Nel 2018 sarebbero dovuti partire nuovi corsi abilitati denominati FIT (percorsi di Formazione Iniziale e Tirocinio), ma l’allora ministro Bussetti li ha aboliti, a favore del ritorno ai concorsi ordinari abilitanti.
- Nel 2020 sono stati banditi due concorsi per docenti non abilitati: l’ordinario (33 mila posti) e lo straordinario (32 mila). Entrambe le procedure hanno avuto valore abilitante per tutti coloro che hanno superato le prove e l’ingresso degli idonei in graduatoria, onde poter beneficiare dell’assunzione.
- Nel 2022 è stato bandito un altro concorso aperto ai non abilitati: lo straordinario bis (14 mila circa).
- I PNRR e il DL 36/2022 prevedono l’avvio di percorsi abilitanti da 30 CFU transitori e da 60 CFU a regime da 2025 che però necessitano di decreti attuativi che a oggi non sono stati definiti.
- Anche a fronte delle procedure bandite e completate i docenti in attesa di abilitazione sono decine di migliaia.
In questa situazione di continuo mutamento del quadro normativo, l’unica certezza per i precari della scuola è stata la mancanza di percorsi formativi abilitanti banditi con regolarità.
Non sorprende quindi che molti precari abbiano tentato il percorso costoso delle abilitazioni conseguite all’estero come “ultima spiaggia” per poter avere l’agognata abilitazione.
Valutazioni da trarre per il Ministro Valditara
A fronte di questa situazione ci sono tre semplici valutazioni che costituiscono elementi innegabili:
- da un lato il governo dovrebbe oggi con un’azione coordinata dei due Ministeri coinvolti (MIM e MUR) affrontare questo nodo dei percorsi abilitanti, per definire un quadro sensato sul futuro reclutamento dei docenti della scuola secondaria.
- Percorsi formativi abilitanti per l’accesso all’insegnamento sono elementi necessari nel nostro sistema, laddove le competenze metodologiche e pedagogiche costituiscono fattori di qualificazione professionale di cui il corpo docente della scuola secondaria ha bisogno. (Nella primaria e infanzia il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria risponde perfettamente all’obiettivo).
- Le abilitazioni in Romania o altri Paesi dell’UE non sono un sistema per qualificare professionalmente i docenti italiani, piuttosto hanno piegato la normativa europea al business di quanti vogliono lucrare sulle legittime aspettative dei lavoratori precari della scuola. Basti pensare a come questi docenti quasi sempre neppure conoscano la lingua parlata nel Paese dove conseguono il titolo, proprio perché si tratta di italiani che vanno all’estero con lo specifico obiettivo di acquisire il titolo previo pagamento.
Costi per l’applicazione della sentenza del CdS
Le previsioni della sentenza richiedono al Ministero dell’Istruzione e Merito una valutazione puntuale delle istanze di riconoscimento delle abilitazioni estere.
Non vi è alcun riconoscimento automatico.
Proprio per questo l’applicazione della sentenza avrà un costo considerevole, in quanto richiederà la costituzione di apposite commissioni e l’attivazione di eventuali percorsi compensativi e integrativi delle competenze richieste in Italia per i docenti coinvolti.
È inoltre evidente che una attività valutativa di questo tipo può essere svolta adeguatamente solo in un quadro di attivazione di specifici percorsi abilitanti nel nostro Paese, in maniera che vi siano decreti che definiscano chiaramente il quadro delle competenze dei docenti abilitati e le attività richieste per conseguire le competenze professionali richieste.
Se il Ministro Valditara insieme al governo attiverà questa procedura, il Ministero dell’Istruzione e Merito sarà in condizioni di dare risposta ai docenti coinvolti nell’acquisizione di titoli esteri e, per il futuro, potrà prospettare percorsi che nel nostro Paese consentano l’acquisizione dei titoli abilitanti con connessa formazione pedagogico-didattica.
In altre parole si tratta di affrontare il nodo attuale e guardare al futuro con un’offerta che risponda alle esigenze del nostro sistema di reclutamento.
L’inerzia finora dimostrata su questo argomento ha solo fatto esplodere l’ennesima maxi vertenza, delegando alla magistratura l’onere di scegliere quello che politica e amministrazione avrebbero dovuto decidere e non hanno fatto.
Per questo auspichiamo un’assunzione di responsabilità che vada nella direzione di celere attivazione dei percorsi abilitanti.