Cambiamo il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici

Home » Scuola » Scuola: quando i fatti smentiscono le parole

Scuola: quando i fatti smentiscono le parole

In video e in lettera il capo del governo parla con toni rassicuranti alla scuola e alle famiglie. Ma le sue parole non ci convincono. Ne spieghiamo il perché.

14/05/2015
Decrease text size Increase  text size

Il Presidente del Consiglio armato di lavagna e gessetti ci fa sapere di tenere più alla scuola che al PIL.

Non gli crediamo. Predica bene e razzola male. Non dice la verità. Vediamo perché.

Dice basta coi tagli alla scuola e invece sottrae alla scuola circa 450 milioni. In finanziaria, infatti, ha tagliato 2.020 unità di personale ATA (alcuni plessi rischiano di non poter essere aperti). I collaboratori scolastici assenti possono essere sostituiti solo dopo 7 giorni. Sono stati tagliati gli esoneri per i vicari, la riforma degli esami di stato si fa per risparmiare sulla pelle dei commissari i quali non saranno più pagati. Si è lontani dal recuperare i tagli dei precedenti governi. Il Documento di Economia e Finanza prevede un’ulteriore riduzione delle spese in istruzione per i prossimi anni, nonostante l'Italia sia già agli ultimi posti fra i paesi OCSE come percentuale rispetto al PIL. Prima operazione di verità: anche lui come i suoi predecessori porta avanti la politica dei tagli lineari, sintomo di povertà culturale. 

Si dice aperto al confronto, che non ha la verità in tasca. Ma allora perché non parla direttamente con i sindacati e con chi nella scuola vive? Negli incontri, ai quali non si presenta, fa dire che comunque l’impianto del disegno di legge sulla scuola non cambia. È questa la sua idea di confronto? Chi vuole dialogare non mantiene un comportamento sprezzante nei confronti dei lavoratori che hanno scioperato e delle organizzazioni che li rappresentano. Organizzazioni che non boicottano ma fanno proposte, che hanno il sostegno e il consenso del mondo della scuola e chiedono di cambiare radicalmente il disegno di legge della brutta scuola e di rinnovare il contratto nazionale. Più di 400.000 docenti, Ata e dirigenti hanno firmato una petizione per rivendicare il rinnovo del contratto. Renzi dica quando intende rinnovare i contratti invece di vendere fumo!

Dice che la “buona scuola” sono i docenti, ma poi propone un modello tutto incentrato solo sulla figura del dirigente. Dice che il preside non potrà chiamare i suoi amici, ma sceglierà i docenti da un ambito territoriale ristretto. Ma in quell’ambito lo fa senza regole. Quale preside chiamerà mai una docente in maternità, un docente genitore di un bambino disabile o magari con idee diverse dalle sue. Altro che merito e competenza!

Sui precari dice che non può accontentare tutti. Ma qui non si tratta di favori, si tratta di rispettare i diritti di chi ogni giorno garantisce il funzionamento della scuola pubblica in condizioni difficili, di chi a vario titolo ha maturato il diritto a stabilizzazione. Di rispondere a una sentenza della Corte di giustizia europea che ha condannato l'Italia per un uso smisurato e non giustificato dei contratti a tempo determinato. Prima bisogna stabilizzare tutti gli aventi diritto e poi partire con concorsi a scadenza regolare. E nulla dice sull’assurda norma secondo la quale dopo 3 anni di lavoro nella scuola si è fuori. Un modo davvero infame di aggirare la sentenza della Corte europea. Caro Renzi non si gioca con la vita e la dignità delle persone.

Dice che darà più soldi agli insegnanti. Vediamo come. I 40 milioni per la formazione sono una goccia nel deserto rispetto a quanto si spendeva per la formazione prima dei tagli.
I 200 milioni da dare ai più meritevoli non solo creeranno divisioni e un clima negativo fra i docenti, ma sono meno di un terzo di quanto già si dava con il Fondo di istituto ai docenti più impegnati (ben 700 milioni sono stati sottratti al fondo di istituto, levando risorse all’autonomia e sottraendo risorse a chi si voleva impegnare di più). E poi cosa c’entra in tutto questo il consiglio di istituto?
I 500 euro personali per comprare libri o andare al cinema andrebbero invece messi a disposizione di una formazione obbligatoria e ben fatta.

Nulla dice della mancanza di un contratto di lavoro da ben 6 anni e della perdita di oltre 6 mila euro in potere d'acquisto dei salari.

Dice che vuole sviluppare l’autonomia. Ma l’autonomia è, soprattutto, libertà di insegnamento. L’art. 2 del regolamento sull’autonomia è chiarissimo, basta applicarlo. L’autonomia non si sviluppa caricando sui DS oneri e responsabilità: si sviluppa dando soldi certi alle scuole all’inizio dell’anno, liberandole dalle molestie burocratiche (delle cento proposte per lo sblocca scuola della sua consultazione on line nel ddl non c’è traccia), rispettando il personale ATA di cui si è completamente dimenticato, restituendo il maltolto dal Fondo di istituto, pagando bene gli insegnanti, investendo in definitiva un punto di PIL in più per allinearci alla media dei Paesi OCSE. Per la prima volta, nella storia della Repubblica, alle scuole non è ancora arrivato un euro per il funzionamento e siamo quasi alla fine dell’anno. Autonomia non può significare trasformare le scuole in aziende e tantomeno piegare l'istruzione al mercato e alle imprese.

Signor Presidente, noi difendiamo la Costituzione e per questa ragione vogliamo che i finanziamenti vadano prioritariamente alle scuole statali. Le scuole cadono a pezzi, manca tutto alle scuole, si chiedono soldi alle famiglie, perché allora finanziare ulteriormente le scuole paritarie e non quelle statali?

Come pensa che possano funzionare scuole che si mantengono quasi esclusivamente con il contributo "volontario" delle famiglie? Se non riescono a pagare le bollette delle utenze, non hanno risorse e personale per fare funzionare i laboratori? Come tenere le scuole pulite e belle se cadono solai e calcinacci e si ha difficoltà anche a comprare attrezzi e detersivi?

Vuole che le diciamo bravo per i finanziamenti in edilizia scolastica. Ma francamente è il minimo che un governo possa fare affinché gli studenti e il personale vivano in scuole sicure. Anche se servirebbero meno annunci e più concretezza.

Lei dice che l’Italia sta ripartendo, ma senza la scuola non riparte. Lei dimostra di non conoscerla. E la scuola non può seguirla su un terreno che ne stravolge i connotati di libertà fondati sulla costituzione.