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Stipendi scuola: i dati Ocse ribadiscono l’inadeguatezza delle retribuzioni dei docenti italiani rispetto ai livelli retributivi europei

Il rinnovo del CCNL quale strumento per innalzare le retribuzioni e valorizzare il lavoro di tutti i docenti.

11/10/2022
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I dati pubblicati nel recente rapporto “Education at a Glance 2022”  a cura dell’Ocse confermano le gravi disparità retributive tra i docenti italiani e il resto d’Europa.

La differenza è marcata in tutti i gradi di scuola, a partire dalle retribuzioni degli insegnanti della scuola primaria la cui differenza rispetto alla media retributiva degli omologhi europei è del 15,7%, ovvero di 6.286 dollari (ai fini della comparazione le retribuzioni sono rapportate in dollari a parità di potere d’acquisto); tra i docenti di scuola media di primo grado la distanza è del 14% (-6.033 dollari); per finire con i docenti della scuola superiore che percepiscono il 12,7% in meno (-6.694 dollari) rispetto alla media dei colleghi dell’Unione europea.

FILO DIRETTO SUL CONTRATTO
 

Dati OCSE retribuzione media docente scuola primaria 2022

Dati OCSE retribuzione media docente scuola media 2022

Dati OCSE retribuzione media docente scuola superiore 2022

Si sottolinea come i docenti italiani della primaria siano quelli che presentano i divari più consistenti anche in termini percentuali rispetto ai colleghi europei.

Le differenze sono ancora più evidenti confrontando le retribuzioni in euro anziché in dollari. È ciò che emerge rapportando lo stipendio di un docente italiano di scuola media con 15 anni di servizio (che rappresenta, con buona approssimazione, la condizione media di tutta la categoria) con la retribuzione dei docenti di alcuni dei principali paesi europei.

Dati OCSE retribuzione media docente scuola media dopo 15 anni 2022

Appare evidente il divario delle retribuzioni italiane non solo rispetto a paesi come la Germania (le cui retribuzioni sono oltre il doppio di quelle italiane), ma anche la distanza con paesi come la Francia (-3.783 euro) e la Spagna (-8.327 euro).

Un altro dato molto significativo emerge analizzando l’andamento delle retribuzioni negli ultimi anni, da cui risulta un’ulteriore penalizzazione dei docenti italiani rispetto ai colleghi europei. Ad esempio nel periodo che va dal 2010 al 2021 in Italia le retribuzioni dei docenti di scuola media sono diminuite di circa 6 punti a fronte di un incremento di quasi 2 punti delle retribuzioni medie europee dei docenti dello stesso livello di scuola.

Il rapporto dell’Ocse, inoltre, ci ricorda come gli stipendi dei docenti possono avere un'enorme influenza sulla decisione di un laureato di diventare un insegnante e restare nella professione a fronte di altri lavori che richiedono titoli equivalenti ma promettono guadagni ben più significativi. Ebbene in Italia un docente di scuola superiore guadagna circa il 22% in meno rispetto ad un lavoratore di altro settore con stesso titolo universitario, condizione questa che rende sicuramente poco attrattiva per i neo-laureati la professione docente. Anche in altri paesi esistono questi divari ma non così marcati, infatti in Europa un insegnante di scuola superiore ha una retribuzione mediamente inferiore del 5% rispetto ad un altro lavoratore con pari titolo terziario.

Queste differenze sono conseguenza non solo delle diversità economiche e sociali che caratterizzano i vari paesi, ma anche della considerazione e della rilevanza che alcuni di essi, a differenza di altri, attribuiscono all’istruzione e alla scuola pubblica. A parole, infatti, tutti sono pronti a riconoscere l’importanza della formazione per il benessere e lo sviluppo dei singoli paesi, ciò che li differenzia è poi la volontà effettiva di dare seguito a tali dichiarazioni con impegni concreti.

Una spia efficace di questa differenza di comportamenti ce la fornisce la misura degli investimenti economici che ciascun paese destina a questo obiettivo. Non è un caso, ad es, che in Italia la percentuale della spesa pubblica complessiva che viene destinata all’istruzione (dall’infanzia alla scuola secondaria) sia solo il 5,8% a fronte di una media europea del al 7,0%, una differenza che in termini assoluti pesa per circa 10 miliardi di euro.

Ora appare evidente che se l’Italia vuole restare al livello delle più importanti democrazie europee, in termini sia sociali che economici, ha una sola strada, quella di adeguarsi ai livelli di investimento che già altri paesi destinano a questo obiettivo.

Un primo importante appuntamento, in questo senso, è rappresentato dal CCNL di categoria ormai scaduto da oltre tre anni e che attende di essere rinnovato quanto prima. Sarebbe un segnale di gran rilievo se finalmente la trattativa per il rinnovo venisse portata a conclusione riconoscendo ai lavoratori della scuola quegli adeguamenti salariali necessari non solo ad equiparare gli stipendi italiani ai livelli europei ma soprattutto per valorizzare un lavoro e una funzione fondamentali per le nuove generazioni e più in generale per il futuro del Paese.

Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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