“Restiamo in Contratto”. La FLC CGIL a tutela dei ricercatori a tempo determinato di tipo A!
Partono i ricorsi. Il lavoro e la dignità sono un diritto, la ricerca un bene comune del Paese
Da anni la FLC CGIL conduce una strenua battaglia per unire il mondo del lavoro cognitivo, a partire da campagne e mobilitazioni per l’inclusività contrattuale dei precari e l’estensione universale di diritti e welfare.
Dal 2010, con l’approvazione della legge 240/10, la Legge Gelmini, la ricerca e la didattica universitaria hanno subito una crescita esponenziale in termini di precarietà e sfruttamento, di espulsione di massa dal sistema di tante e tanti, andati all’estero o a lavorare altrove dopo anni di investimento personale.
Con l’approvazione, grazie anche alle nostre battaglie, del decreto 75/2017 “Decreto Madia” si sono aperte le procedure per le stabilizzazioni negli EPR grazie all’articolo 20 commi 1 e 2 per i soggetti con contratto a tempo determinato o contratto flessibile per un totale di 36 mesi.
Tale norma non si applicherebbe ai ricercatori precari dell’università e per questo da mesi portiamo avanti una piattaforma rivendicativa insieme ad ADI per una vera riforma del pre-ruolo e per un reclutamento ordinato e ciclico con finanziamenti strutturali adeguati.
Il 3 aprile 2019 con ordinanza n. 4336 il Tar del Lazio ha rinviato pregiudizialmente alla Corte di Giustizia Europea il caso di un ricercatore a tempo determinato di tipo A richiedente la stabilizzazione presso il proprio ateneo, non appena avuto il rinnovo biennale del proprio rapporto di lavoro, con i seguenti profili di criticità:
- art. 24, commi 1 e 3, della legge n. 240 del 2010 (c.d. Legge Gelmini), nella misura in cui prevede la stipulazione e la proroga, per complessivi cinque anni (tre anni con eventuale proroga per due anni), di contratti a tempo determinato fra ricercatori ed Università, senza stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se la stipulazione e il rinnovo di siffatti contratti rispondano effettivamente ad un’esigenza reale, se essi siano idonei a conseguire l’obiettivo perseguito e se siano necessari a tal fine, comportando quindi un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti;
- artt. 29, comma 2, lettera d), e comma 4, del d.lgs. n. 81 del 2015 (c.d. Jobs Act) e 36, comma 2 e comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 (c.d. Testo Unico del Pubblico Impiego), nella misura in cui precludono ai ricercatori universitari assunti con contratto a tempo determinato di durata triennale, prorogabile per due anni, ai sensi dell’art. 24, comma 3, lettera a) della l. n. 240 del 2010, la successiva instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato;
- artt. 29, comma 2, lettera d), e comma 4, del d.lgs. n. 81 del 2015 (c.d. Jobs Act) e 36, comma 2 e comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 (c.d. Testo Unico del Pubblico Impiego) nella misura in cui siano applicabili dai giudici nazionali dello Stato membro interessato solo in maniera tale per cui il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro venga accordato alle persone assunte dall’amministrazione pubblica mediante un contratto di lavoro flessibile di natura privatistica (c.d. pubblico impiego privatizzato), ma non venga riconosciuto, in generale, al personale assunto a tempo determinato in regime di diritto pubblico (come i ricercatori universitari), non sussistendo, per effetto delle su citate disposizioni nazionali, un’altra misura efficace nell’ordinamento giuridico nazionale per sanzionare tali abusi nei confronti dei lavoratori.
Il giudice amministrativo ha quindi rimesso in Corte di Giustizia dell’Unione Europea alcune questioni ivi compresa quella inerente i ricercatori a tempo determinato delle Università al fine di richiedere se la normativa nazionale sia in contrasto con la Direttiva Comunitaria 1999/70/CE “ Direttiva del Consiglio relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato” nella parte in cui preclude ai ricercatori assunti con contratto a termine di durata triennale, prorogabile per due anni, la successiva instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato.
La Organizzazione sindacale Federazioni Lavoratori della Conoscenza – CGIL nonché la stessa Confederazione Generale Italiana del lavoro CGIL hanno depositato congiuntamente presso il Tar Lazio un atto finalizzato ad intervenire nel suddetto procedimento per richiedere al giudice amministrativo di partecipare alla discussione che si terrà in Corte di Giustizia.
Per queste ragioni la CGIL e la FLC CGIL intendono avviare la Campagna “Restiamo in Contratto”, finalizzata a promuovere un’azione legale presso i Tar regionali di competenza a tutela del diritto alla stabilizzazione.
I soggetti che possono partecipare al ricorso sono:
- Ricercatori a Tempo Determinato di tipo A con 36 mesi di contratto e soggetti a rinnovo
- Ricercatori a Tempo Determinato con 36 mesi di servizio in attesa di rinnovo
- Ricercatori a Tempo Determinato con il contratto triennale in essere.
La FLC CGIL sta vagliando casistiche relative agli assegni di ricerca.
Per aderire al ricorso compila la scheda al seguente link https://forms.gle/sDNk9Ayrwv1mHBfV8 entro il 15 giugno, ti risponderemo con tutte le info, costi e procedure.
Il lavoro e la dignità sono un diritto, la ricerca un bene comune del Paese.