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Reclutamento universitario: da una ordinanza del TAR un ulteriore segnale della bontà delle nostre ragioni

Il Tribunale amministrativo del Lazio rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il ricorso intentato da un ricercatore.

15/04/2019
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A cura di FLC CGIL e ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia)

L’attuale sistema di reclutamento universitario, con la cronica assenza di risorse e i lunghi anni di precarietà a cui è costretta la maggioranza dei ricercatori precari, si configura nei fatti come una “guerra tra poveri” per riuscire a entrare in ruolo.

Una recente ordinanza del TAR del Lazio, che ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea un ricorso intentato da un ricercatore, evidenzia l’ormai insostenibile abuso da parte degli atenei dei contratti a tempo determinato, che si somma alle diverse tipologie di contratti parasubordinati.

Non possiamo che essere soddisfatti che, l’attenzione pubblica finalmente si accorga della necessità di dare risposte alle migliaia di precari della ricerca, ma dobbiamo proseguire e rafforzare la nostra azione rivendicando la necessità di una risposta politica, che sappia affrontare e risolvere complessivamente il problema del precariato universitario e dell’accesso al pre-ruolo. Rispetto alla sentenza non possiamo che rilevare come questa confermi una parte della nostra analisi e la necessità di porre fine a questo abnorme fenomeno di sfruttamento che è diventato sempre più “normalità” dall’uscita della legge 240/10.

Quanto potrebbe determinarsi in relazione all’esito del ricorso non dovrà in ogni caso dare l’alibi a nessuno per soluzioni parziali con il rischio di scatenare un’ulteriore e ancor brutale guerra tra i lavoratori precari dell’università.

È proprio per rispondere sia alle necessità attuali di chi è già precario, sia a quelle future di chi è ancora in un percorso di studi o di dottorato, che con Ricercatori determinati abbiamo richiesto che il Governo e le parti politiche si facciano carico di un investimento di un miliardo e mezzo di euro nella prossima finanziaria, con cui attivare un percorso di reclutamento ordinato e ciclico in modo da riportare l’organico delle università italiane ai livelli precedenti alla crisi del 2008.

Ad oggi, come emerge dalle nostre indagini, solo il 9,2% dei precari universitari riesce a raggiungere il ruolo di professore a tempo indeterminato: gli altri vengono espulsi dal sistema; un intervento urgente è necessario, ma questo non può essere altro che un investimento su università e ricerca in linea con quello delle grandi democrazie europee.

Ancor di più assume valore la decisione di indire in queste settimane assemblee negli atenei per chiedere di nuovo con forza risposte concrete dal Governo, in assenza di queste il 17 maggio 2019 saremo in sciopero generale e proseguiremo ulteriormente con altre iniziative.