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Corte dei Conti: l’autonomia differenziata del Governo un problema per il Paese

Dall’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale del 17 luglio 2019 tutti i dubbi e le criticità evidenziate dalla Corte dei Conti. Un autorevole pronunciamento che rafforza la posizione di contrarietà totale espressa dalla FLC CGIL.

19/07/2019
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In un documento del 17 luglio 2019, depositato dalla Corte dei Conti in sede di audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, l’organo costituzionale di controllo sugli atti del governo non manca di esplicitare tutti i suoi dubbi e le criticità circa il processo di cosiddetta autonomia differenziata in attuazione del comma 3 articolo 116 della Costituzione.

Scarica il testo dell’audizione

Già premettendo che le osservazioni non possono che essere riferite alle bozze del 25 febbraio 2019 relative alle Intese dell’Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, la Corte sembra sottolineare quanto da più parti viene denunciato a proposito dell’opacità con cui il Governo sta procedendo sul terreno di questa complicata partita politica: un processo di questa portata è avviato e portato avanti fra il Governo e le Regioni interessate come se si trattasse di un affare privato e non di una rilevante questione di carattere nazionale che necessariamente deve coinvolgere i cittadini e l’opinione pubblica del Paese.

Per quanto riguarda il merito delle osservazioni, ci limitiamo a riportare i maggiori dubbi e criticità sollevati dalla Corte dei Conti.

Innanzitutto, l’Organo di controllo richiama la necessità di affrontare prioritariamente – cosa che oggi evidentemente manca – “un adeguato assestamento” del “procedimento di finanziamento delle Regioni con l’attuazione del complesso sistema di finanziamento e perequazione delle Regioni a statuto ordinario nelle materie diverse dalla sanità (Assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale)…” ma soprattutto “appare necessaria la definizione degli schemi di perequazione regionale distinti tra spese LEP (fondate sui fabbisogni standard ) e spese non LEP (basate sulla capacità fiscale), in quanto condizione propedeutica per la completa ed effettiva realizzazione del federalismo fiscale”.
Del resto, ribadisce la Corte: “Lo stesso articolo 116, comma 3, nel prevedere che le forme di autonomia rafforzata debbano essere coerenti con i principi dell’art. 119 della Costituzione, come osservato già da altri soggetti già sentiti da questa Commissione, non sembra consentire una diversa modalità di finanziamento delle materie aggiuntive né la loro sottrazione al meccanismo di perequazione interregionale previsto dalla legge nazionale.” (42/2009)
E per essere ancora più precisi: “Imprescindibile, poi, è il richiamo al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, il cui effettivo rispetto comporta che, almeno per le prestazioni essenziali, ai cittadini siano garantite su tutto il territorio nazionale pari condizioni in termini di accesso, qualità e costi”.

Il pericolo che paventa la Corte dei Conti è “implosione” del sistema Paese: “Nella prospettiva dell’unità ed indivisibilità della Repubblica e alla luce dei criteri individuati dalla Corte costituzionale con la richiamata sentenza n. 274 del 2003 appare dubbio che si possa trattare di un completo azzeramento delle competenze e che non residui in capo allo Stato un margine di intervento, sia pure nel rispetto del principio di leale collaborazione; infatti, non dovrebbe venir meno un momento di coordinamento e di sintesi degli interessi generali dell’intero Paese”.

Infine il problema dei costi e dei fabbisogni standard, in assenza dei quali si determina un trasferimento di maggiori risorse alle regioni con autonomia differenziata e una lievitazione della spesa senza con ciò generare un miglioramento dei servizi: “È appena il caso di osservare che, al verificarsi dell’ultima ipotesi (spesa media pro capite in assenza della determinazione dei fabbisogni standard), le risorse finanziarie che lo Stato dovrebbe trasferire alle Regioni ad autonomia differenziata potrebbero risultare superiori a quelle attualmente spese in quei territori. Va poi valutato il rischio che dall’operazione si producano extra costi a parità del livello di servizio erogato, mentre risulta difficile valutare, in assenza della definizione dei livelli delle prestazioni, se a fronte di un efficientamento nel trasferimento della funzione si possano generare miglioramenti dei livelli dei servizi erogati.

In conclusione, dopo il Dipartimento giuridico della Presidenza del Consiglio, anche la Corte dei Conti, in linguaggio istituzionale fermo e chiaro, mette in guardia: non esistono, in termini finanziario-contabili, le condizioni di un’autonomia differenziata che prescinda dai LEP, dai fabbisogni standard e da leggi di principio nazionali che debbono comunque assicurare l’unità della Repubblica.

E, aggiungiamo noi, non esistono soprattutto per una materia, quale quella dell’istruzione, che, al di là delle questioni finanziarie, non sopporta regionalizzazione di alcun genere giacché gli articoli 9 (Ricerca), 33, 34 (Scuola e Istruzione superiore), 117 (Autonomia scolastica) non possono essere declinate in alcun modo su base territoriale.