Esercizio del diritto di sciopero, la revisione delle regole secondo il Governo
Il Disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2009.
Il 27 febbraio 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato un Disegno di legge delega per la riforma del diritto di sciopero nel settore dei trasporti, o meglio "per il diritto alla mobilità e alla libera circolazione delle persone".
Già nei mesi precedenti il Ministro Sacconi aveva illustrato quali dovessero essere gli assi di intervento del Governo su questo argomento:
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l'introduzione di limiti all'esercizio del diritto di sciopero anche ai servizi non essenziali;
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la consultazione referendaria obbligatoria per la proclamazione dello sciopero;
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l'introduzione dell'obbligo per il lavoratore di dichiarare preventivamente l'adesione allo sciopero;
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l'inclusione nell'elenco dei servizi essenziali, già previsti dalla Legge n. 146/90 di ulteriori servizi fino a ricomprendere anche i servizi strumentali e i servizi oggetto di esternalizzazioni;
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l'estensione del periodo di intervallo tra uno sciopero e l'altro;
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l' introduzione di forme di sciopero virtuale;
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l'attribuzione alla Agenzie delle entrate del compito di eseguire le sanzioni ai lavoratori;
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la trasformazione della Commissione di garanzia (ex art.12 l.n.146/90) in una Commissione "per le relazioni di lavoro" con poteri di conciliazione e arbitrato anche obbligatori.
Il disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri non fa un intervento, a differenza dell'intenzione precedentemente dichiarata, che travalica i servizi pubblici essenziali, ma è sostanzialmente ambiguo sulla effettiva platea di destinazione. Tratta infatti genericamente del diritto alla mobilità e alla libera circolazione delle persone. Entro questa dizione ampi possono essere i margini di discrezionalità.
Non è corretto che su un tema di questa delicatezza e di rilevanza costituzionale, com'è la regolamentazione del diritto di sciopero, si intervenga con una legge delega.
Il Parlamento e le forze sociali debbono poter intervenire sull'argomento, con la serietà e il tempo necessari.
Giova ricordare come lo sciopero è un diritto individuale del lavoratore a tutela dei propri interessi e come gli articoli 40 e 41 della Costituzione autorizzino il lavoratore ad "esercitare una forte pressione" sul diritto del datore di lavoro alla libertà di iniziativa economica.
Già oggi la nostra legislazione è tra le più severe d'Europa in materia di regolazione del diritto di sciopero nei servizi essenziali ed è utile ricordare come le contestazioni mosse dalla Commissione di Garanzia alle Organizzazioni sindacali non vadano oltre lo 0,7% delle azioni di sciopero.
Ora il Governo, mentre sostiene l'ininfluenza del voto dei lavoratori per approvare gli accordi in materia contrattuale, ritiene che per proclamare uno sciopero in questi settori occorra essere rappresentativi di più del 50% dei lavoratori, o superare un referendum vincolante.
Insomma, mentre si firmano accordi separati, senza la CGIL, su contratti nazionali di lavoro e su intese contrattuali riguardanti l'intero mondo del lavoro e non si ritiene legittimo e soprattutto vincolante, l'espressione di voto dei lavoratori coinvolti, per proclamare uno sciopero bisogna che si sia sostanzialmente tutti d'accordo.
Sembra proprio che il Governo continui, dopo aver scientemente favorito la rottura tra le Organizzazioni Sindacali, a tentare di impedire qualsiasi forma di dissenso.
Roma, 4 marzo 2009