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Precariato. In migliaia impugnano i contratti a termine

Scade il 23 gennaio 2011 il termine imposto dal collegato al lavoro. Il tentativo di impedire i ricorsi è fallito mentre emerge la brutta figura della pubblica amministrazione che ha abusato di contratti precari su posti di lavoro liberi

20/01/2011
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Oltre 20.000 precari hanno già impugnato i contratti a tempo determinato stipulati nella scuola, nell'università, nella ricerca. Un dato che fa emergere in tutta la sua drammaticità l'abuso che l'amministrazione pubblica ha fatto reiterando contratti a termine su posti liberi.

20.000 è un dato in difetto che si riferisce solo a quei lavoratori che hanno scelto gli uffici legali della FLC per impugnare i contratti, un passo che è l'anticamera del ricorso vero e proprio. Il Collegato al lavoro (la legge 183/2010), una Legge retrograda e vergognosa, ha imposto tempi strettissimi per impugnare e fare ricorso contro rapporti di lavoro illegittimi, sperando di mettere una pietra tombale sulle proteste dei precari. E invece la campagna di informazione della CGIL ha spinto tantissimi lavoratori a non rinunciare a far valere le proprie ragioni e i propri diritti.

“Il Governo nei settori della conoscenza intende cancellare il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori alla stabilità per alimentare un precariato senza speranza che mortifica le competenze e le professionalità” - ha dichiarato Domenico Pantaleo, segretario generale della FLC CGIL. Ricordando che c'è tempo fino al 23 gennaio per impugnare i contratti già scaduti, quindi “il tempo stringe”, Pantaleo ha detto che “la FLC ha dimostrato che è possibile coprire con vere assunzioni 100.000 posti nella scuola nei prossimi 3 anni a costo quasi zero.

In modo simile sono possibili stabilizzazioni anche nell'università, nell'AFAM e nella ricerca. Un'operazione virtuosa che coniuga risparmio, lavoro buono e qualità dei servizi ai quali il governo, in tutt'altre faccende impegnato, non ha dato risposta.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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