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Il nostro commento al Decreto anti-crisi n. 78/09

Misure parziali ed insufficienti per affrontare la crisi economica e sociale.

10/07/2009
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>> La nostra scheda di commento <<

Il decreto legge n. 78/09, più comunemente chiamato “pacchetto anti-crisi”, ma anche, da alcuni autorevoli economisti, più familiarmente definito “decretino”, compie dei timidissimi passi in avanti rispetto alla ritrosia ormai conclamata del governo ad affrontare la crisi finanziaria, economica e sempre più drammaticamente sociale che sta attraversando il nostro paese.

Ci aspettavamo misure più decise a sostegno del reddito dei meno abbienti e del lavoro dipendente. Così invece non è. Non possiamo certo considerare positiva la scelta dell’allargamento della platea della social card, per altro senza stanziamento di risorse aggiuntive, e nemmeno possiamo ritenere risolutiva la scelta della detassazione degli investimenti alle industrie perché si tratta di misura limitata nel tempo e molto parziale. Non una scelta di carattere strutturale, ma episodica ed isolata.

A nessuno sfugge la complessità della situazione e la difficoltà di trovare misure idonee a fronteggiare la crisi: E’ certo però che l’impostazione del governo volta a negare la gravità della situazione fino a prendersela con quegli istituti, nazionali ed internazionali, che hanno il compito di monitorare economie e società dei diversi paesi, perché producono cifre e previsioni allarmanti, non ci può portare molto lontano.

L’ottimismo è uno stato d’animo sicuramente positivo, ma non può essere scambiato come un intervento di politica economica.
La maggior parte dei paesi e delle economie estere stanno dibattendo, e così si stanno orientando, sulla necessità di introdurre misure per sostenere e favorire la domanda in particolare di coloro che non sono in grado di soddisfare i propri bisogni per motivi di reddito troppo basso e di mancanza di risorse economiche.
Occorrerebbero misure urgenti sul fisco perché la pressione fiscali sui salari è nettamente aumentata e si prevede che crescerà nei mesi futuri; andrebbe, inoltre, presa in considerazione la situazione di quasi 1.700.000 lavoratori che in caso di cessazione del rapporto di lavoro non godrebbero di ammortizzatori sociali e che in quella evenienza verrebbero immediatamente proiettati in una situazione di indigenza e povertà.

Il decreto contiene anche parti che rappresentano un primo risultato positivo, anche se non esaustivo, dell’azione politica del nostro sindacato. Sulla questione della stabilizzazione del precariato dell’università e della ricerca, il ministro Brunetta ha dovuto fare retromarcia rispetto al “decreto ammazza-precari”, anche se ancora non sono garantite le stabilizzazioni per tutti. Sul versante del precariato della scuola, nonostante le rassicurazioni, riscontriamo l’assoluta assenza di provvedimenti, a riprova dello scarsissimo peso che il ministro Gelmini ha all’interno del Consiglio dei ministri.

Anche sulla questione della malattia dei pubblici dipendenti, Brunetta ha dovuto fare una parziale retromarcia. La norma, però, continua a rimanere iniqua perché conferma, ad eccezione del comparto sicurezza e dei vigili del fuoco il taglio del salario accessorio creando così anche una situazione di disparità tra categorie di lavoratori; noi non smetteremo di cercare le giuste correzioni, come ci opporremo al colpo di mano che riguarda il fatto che la prima lettura da parte del Consiglio dei Ministri coincide con l’adozione dei provvedimenti.
Ma per il nostro sindacato è già sufficiente la cronica indisponibilità a rendere centrale l’intervento a favore del lavoro e dei redditi medio bassi o addirittura assenti per poter affermare e richiedere con fermezza una svolta radicale nella politica del governo. Il 15 di luglio la FLC sarà in piazza a fianco dei precari della scuola e a settembre la Cgil darà il via a una forte campagna di mobilitazione per chiedere un deciso cambio di rotta.

Roma, 10 luglio 2009

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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