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DIS-COLL: il Ministero del Lavoro risponde all'interpello della campagna #perchénoino?: il vostro non è lavoro, siete studenti

Una risposta in linea con le improvvide dichiarazioni del ministro Poletti della scorsa primavera e con la bocciatura dell'emendamento che proponeva di estendere la DIS-COLL ad assegnisti, dottorandi e borsisti.

23/12/2015
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A pochi giorni dalle festività, forse confidando nel meritato riposo degli oltre 60.000 ricercatrici e ricercatori precari dell'università italiana, il Ministero del Lavoro risponde, con appena 5 mesi di ritardo, all'interpello inviatogli nell'ambito della campagna #perchènoino? con il quale si argomentava l'opportunità di riconoscere la DIS-COLL ad assegnisti, dottorandi e borsisti di ricerca.

La risposta del dicastero guidato da Poletti è chiara: i soggetti in questione sono esclusi dalla fruizione della DIS-COLL perché studenti

Lo svolgimento del tema è in linea con le improvvide dichiarazioni del ministro Poletti della scorsa primavera e con la bocciatura dell'emendamento che proponeva di estendere la DIS-COLL ad assegnisti, dottorandi e borsisti. Il Ministero sostiene che:
"l’art. 22 individua negli “assegni di ricerca” una tipologia di rapporto del tutto peculiare, fortemente connotata da una componente “formativa” dell’assegnista (si pensi ai progetti di ricerca presentati dai candidati, selezionati e finanziati da parte del soggetto che eroga l’assegno).[...] Alla luce di quanto sopra, pertanto, non sembra possibile argomentare l’applicazione dell’indennità di disoccupazione in ragione esclusivamente dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995 che riguarda, come noto, anche le prestazioni di lavoro autonomo. Piuttosto, la necessità di un richiamo espresso alla normativa previdenziale de qua, unitamente al particolare regime di esenzione fiscale dei relativi emolumenti, conferma la natura speciale del rapporto di ricerca".
e continua:
"Le medesime considerazioni possono essere richiamate anche per i titolari di borse di studio, anche in ragione di un dottorato di ricerca conseguito ai sensi dell’art. 4 L. n. 210/1998 i quali, per di più, sono sottratti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata per espressa previsione dell’art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995".

Rileviamo che:

  1. Emergono rilevanti contraddizioni nella maggioranza di governo dato che questa risposta arriva pochi giorni dopo l'approvazione in Parlamento di un ordine del giorno che, grazie al lavoro di alcune parlamentari, impegna l'esecutivo a valutare l'estensione della DIS-COLL ad assegnisti, dottorandi e borsisti.
  2. Il Ministero del Lavoro ha scelto da che parte schierarsi nella dialettica interna alla maggioranza e opta per espellere i precari dell'università dal perimetro dei lavoratori. 
  3. Tale scelta è sostenuta da argomentazioni scarsamente comprensibili o del tutto infondate. Ad esempio non è ben chiaro perché il fatto di basare la propria attività su un progetto di ricerca denoti un'attività formativa. I contratti a progetto che, ricordiamo, rientrano nella fruizione della DIS-COLL, si basano sulla realizzazione di un progetto. Eppure sono considerati contratti di lavoro. La differenza è che nel caso degli assegnisti si tratta di progetti di ricerca. Emerge dunque l'impressione che nella tesi del Ministero la ricerca non abbia la dignità di altri lavori. 
    Nella risposta all'interpello il Ministero sembra persino a negare che i dottorandi con borsa versino contributi alla Gestione separata compiendo un errore marchiano (qui nota INPS sull'iscrizione alla Gestione Separata delle borse di studio per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca), come possono confermare le migliaia di dottorandi che ogni anno versano oltre 1.300 euro di contributi. 
  4. Il silenzio del MIUR è diventato insostenibile e imbarazzante

Richiamiamo tutta la comunità accademica all'esigenza imprescindibile di prendere posizione e far sentire la propria voce nei confronti di un atto che non solo offende la dignità del lavoro di migliaia di giovani ricercatrici e ricercatori, ma che delegittima la funzione sociale della ricerca e degli atenei e centri di ricerca che la producono.