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Il decalogo di Fioramonti sull’Università. Studenti e ricercatori: “Basta promesse del governo, ci vogliono i fatti!”

Comunicato stampa FLC CGIL Nazionale, ADI-Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca e Link Coordinamento Universitario

19/03/2019
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Il viceministro Lorenzo Fioramonti (M5S), tramite la sua pagina Facebook e con un’intervista al Messaggero, esprime l’intento e l’impegno a voler mettere in atto 10 interventi normativi con l’intenzione di “sostenere e rilanciare l’università italiana”.

Nelle dieci proposte elencate dal viceministro si toccano una parte dei temi su cui abbiamo preso parola nei mesi scorsi attraverso le mobilitazioni studentesche e dei Ricercatori Determinati. In merito al finanziamento dell’università, al diritto allo studio universitario, passando per il tema dell’accesso agli studi, del numero chiuso e del reclutamento, il viceministro prende in carico una serie di aspettative e di urgenze.

Accogliamo con positività l’interesse nei confronti di una serie di tematiche che toccano la condizione studentesca, la riforma del pre-ruolo, la revisione della Valutazione agganciata all’assorbimento del fenomeno della precarizzazione crescente. Tutti temi che rientrano nelle nostre piattaforme di rivendicazione, talora congruenti con le dichiarazioni del Viceministro.

Analizzando però l’azione di governo e il confronto avuto in questi mesi, si evidenziano con chiarezza due aspetti: il primo è l’assoluta mancanza di corrispondenza tra le promesse di investimenti e di interventi sull’università e gli atti concreti prodotti, il secondo aspetto è che vi sia una divergenza sugli indirizzi e uno squilibrio di poteri in seno al ministero e al governo.

I conti non tornano all’università, la Legge di Stabilità ha prodotto un segno meno, in una situazione di progressivo disinvestimento degli anni precedenti. Il nostro Paese era già in ritardo ancor prima dell’approvazione della legge 240/2010 che ha dato il là ad un sistema universitario iper-competitivo, quasi feudale nelle accezioni più negative.

Non si può non tener conto, leggendo il decalogo del viceministro, che nel contratto di governo era già previsto una inversione di tendenza rispetto al finanziamento dell’università, al precariato e al diritto allo studio: promesse fatalmente tradite tradita dalla realtà, con tagli al finanziamento ordinario dell’università, tra ricerca, FFO e poco o niente per il diritto allo studio.

In autunno, durante le assemblee e le mobilitazioni abbiamo calcolato e chiesto un investimento strutturale di un miliardo e mezzo per fare fronte ad una vera e propria emergenza sociale relativa ad un diritto allo studio sempre meno diritto ma privilegio e per impiantare nel sistema un reclutamento ordinato e ciclico, andando incontro a generazioni di ricercatori giovani e meno giovani nell’avere finalmente stabilità e continuità nel loro lavoro, estensione di diritti, tutele e rappresentanza. Superando il blocco del turn over e dando uno spiraglio di luce alle oltre 60.000 unità tra dottorandi, assegnisti, co.co.co., ricercatori di tipo a e b, docenti a contratto. Un esercito ben lungi da voler essere di riserva.  

Anche le scelte che si profilano sugli assetti istituzionali non corrispondono all’esigenza del rilancio del sistema nazionale universitario: l’autonomia differenziata in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sta nel pieno dell’accentuazione delle disparità tra atenei vissute sino ad ora,amplificate in questi anni dal meccanismo delle quote premiali dell’FFO, rischiando con ciò di cristallizzare la questione meridionale. Senza una definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, il regionalismo differenziato rischia di produrre per quanto riguarda il diritto allo studio disuguaglianze e disomogeneità di diritti essenziali tra studenti.

A fianco a ciò vi è una gravissima situazione relativa al tema delle residenze per gli studenti e le studentesse ed in generale del diritto allo studio e welfare studentesco. Solo a Roma, sono 5000 gli studenti idonei non beneficiari di posto alloggio; in un città dove una stanza singola, nei pressi dell’università, arriva a costare anche più di 500 euro al mese. Di fronte a questo tipo di situazioni diffuse nella maggior parte delle città d’Italia, da tempo rivendichiamo un’organizzazione di sistema che garantisca servizi per tutti e tutte, da aggiungere a modalità di supporto economiche dei costi dell’università. In quest’ottica la copertura totale delle borse di studio è un presupposto essenziale da cui partire, da affiancare ad interventi sulle mense e i trasporti e sui costi complessivi dell’università. Per questo chiediamo l’apertura di un tavolo per la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni con il Ministero e costruire una proposta per rispondere alle reali necessità degli studenti e delle studentesse.

Tra le dieci proposte del viceministro, figurano, inoltre, il numero chiuso a medicina, il piano di reclutamento e Valutazione della didattica e della ricerca.

Sul tema del numero chiuso, specie per quanto riguarda la proposta di modifica delle modalità di selezione, con lo spostamento al secondo anno del test di ingresso con il superamento di tutti gli esami, ci sono una serie di criticità: prima tra tutte la competizione sfrenata che si viene a creare tra studenti e una logica escludente che non riconosce gli ostacoli che uno studente deve affrontare; inoltre, evidentemente non risolve il problema relativo alle gravi carenze di reclutamento stabile e programmazione del Sistema Sanitario Nazionale, in quanto cambia semplicemente modalità.

La Valutazione della Didattica e della Ricerca passa per una revisione complessiva dei parametri quantitativi per il raggiungimento dell’ASN: parametri spesso iniqui e non agganciati al concreto lavoro di ricerca, ma da un combinato disposto di mediane e pubblicazioni eterodirette. Il tema delle Agenzie istituzionali non è solo di fonderle, ma di destinare loro pur nella fusione un ruolo esclusivo di programmazione e controllo dei meccanismi abilitativi, slegati dalla determinazione economica di investimento nel sistema universitario. Le Agenzie non possono avere un ruolo centrale nella determinazione delle politiche universitarie.

Il viceministro Fioramonti e il governo se intendessero veramente intraprendere questo nuovo corsi di interventi normativi dovrebbero, a nostro avviso, necessariamente confrontarsi con i soggetti di rappresentanza degli studenti, dei precari dell’università e con le parti sociali che da sempre denunciano questo tipo di carenze storiche.

Sullo sfondo, rimane l’incognita, su come la Lega possa accogliere questo decalogo, fortemente in contrasto non solo con il progetto di autonomia differenziata ma anche con la convinzione mai sopita di investire sulle fondazioni di diritto privato o con la inviolabilità della legge 240/2010.   

Noi comunque siamo pronti, gli studenti e i precari saranno di nuovo impegnati in queste settimane in assemblee negli atenei, nel coinvolgimento e nella partecipazione di questa fetta importantissima di università, cercando alleanze con tutta la comunità accademica, dai docenti al personale tecnico- amministrativo, ai Lettori/CEL.

Siamo pronti, restando in attesa che si batta un colpo vero, ricominciamo il cammino.