Enti di ricerca: al via il decreto Madia per la semplificazione delle attività
Importanti novità nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri.
Mentre dalla legge di bilancio in corso di approvazione alla Camera non sono arrivati segnali positivi per la ricerca pubblica, nemmeno con l’approvazione dei parziali emendamenti che riguardavano alcuni enti (l’emendamento riguardante l’Istat è stato respinto, quello per l’Iss accantonato), giovedì 24 novembre il Consiglio dei ministri ha definitivamente approvato il “Decreto legislativo recante norme di semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca” in applicazione della delega contenuta nell'articolo 13 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
Se avessimo conferma delle indiscrezioni leggendo il testo finale del decreto, dovremmo riconoscere un significativo passo avanti per l’attività degli Enti di Ricerca. Si tratta del riconoscimento anche di un lungo lavoro sindacale e dell’idea di utilizzare la legge delega Madia come spazio dentro il quale contrastare interventi regressivi di cui l’attuale maggioranza di governo era portatrice e per proporre alcuni interventi migliorativi senza i quali il sistema degli Enti di ricerca rischiava il collasso. Avremo modo di esprimere una valutazione articolata quando sarà pubblico il testo del decreto.
Da quanto ci risulta, scongiurato il recepimento delle peggiori e più devastanti disposizioni contenute nella legge 240/2010 che ha soppresso a freddo la figura del ricercatore portando nelle università un blocco insanabile dei percorsi di carriera e una espulsione di massa del precariato, per quanto riguarda il reclutamento si aprirebbe invece uno spazio reale in favore dell’autonomia nella determinazione dei fabbisogni e della possibilità di utilizzo delle risorse da parte degli enti. Sembrerebbe infatti che il provvedimento uscito da Palazzo Chigi assuma una parte importante delle “promesse” contenute nella delega su questi aspetti. L’aspetto oggettivamente di maggior rilievo riguarda la possibilità di spesa per assunzioni. Se avremo conferma, si tratta di un intervento su un doppio fronte, al quale solo la FLC CGIL ha creduto fino in fondo.
La possibilità di assumere diventerebbe vincolata ad un solo limite, ovvero il raggiungimento dell’80% tra spese per il personale ed entrate. Nella definizione di entrate si assumerebbe finalmente un concetto che tiene conto sia dei finanziamenti ordinari che di quelli esterni, indicando nella media triennale delle entrate complessive il budget da considerare, in linea con quanto era indicato nella delega.
Sarebbe stato inoltre eliminato l’assurdo vincolo del 30% sulle spese per il personale tecnico-amministrativo.
L’altro aspetto fondamentale è che sarebbe stato eliminato il parametro del turnover, che quindi smette di essere l’unica fonte di finanziamento, lasciando all’ente la possibilità di usare i margini assunzionali fino al tetto dell’80%.
Cresce sotto alcuni aspetti l’omogeneità nella governance del sistema della ricerca anche se su questo aspetto ciò che è stato fatto è poco rispetto a ciò che servirebbe. Significativo a questo proposito che la legge di bilancio 2017 in fase di approvazione, disponga un aumento del fondo ordinario per gli enti vigilati Miur ma non per tutti gli altri.
Con soddisfazione, rileviamo che la versione definitiva articolerebbe meglio quello che, nella bozza di agosto, era una richiesta generica di adeguamento alla Carta, e di recepimento del documento “European Framework for Research Careers”,soprattutto perché oggi si esplicita definitivamente la presenza di rappresentanze delle comunità scientifiche negli organi di governo e nei consigli scientifici in tutti gli enti, non solo quelli vigilati dal Miur. Non siamo ancora vicini ad una significativa partecipazione e consultazione dei Ricercatori per la nomina dei Presidenti e delle direzioni delle strutture ordinamentali, ma è sicuramente un passo in avanti importante.
Sulla governance riteniamo che la previsione sia un timido tentativo di introdurre meccanismi di confronto fra il Governo e la comunità scientifica nazionale: la Conferenza dei Presidenti non potrà mai rappresentare l'intera comunità (troppo spesso "costretta" dalle dinamiche corporative dei singoli enti), e la Consulta nazionale dei Ricercatori e tecnologi, di cui si deve apprezzare la costituzione, risulta non efficacemente valorizzata, in quanto l'articolato, che non va oltre la generica previsione di pareri e proposte, non specifica in maniera efficace ruoli e funzioni. Sarebbe stato più appropriato e più efficace creare un unico organismo, con compiti chiari, composto dai Presidenti e dai rappresentanti dei Ricercatori.
La mancanza mai sanata risiede nell’assenza di una definizione di un dispositivo per l’immissione in ruolo del personale precario.
Ovviamente permangono le criticità principali, che dipendono dalla volontà politica di investire sulla ricerca pubblica, e che si possono risolvere solamente con un incremento dei fondi ordinari e il finanziamento di un piano straordinario di stabilizzazione e reclutamento per gli enti. Su questo continuerà a focalizzarsi il nostro intervento.